Ogni giorno deploriamo chi stigmatizza il Web come strumento di pirateria, di pedofilia o di razzismo. Internet non ne può portar colpa poiché semplicemente trasmette il messaggio che qualcuno ha prodotto.
Ogni giorno urliamo la necessità di avere una rete nella quale non vi siano giudizi di valore, ove ogni bit sia uguale all’altro, affinché la Rete possa rimanere neutrale e nessuna sovrastruttura possa regolarne il flusso.
Ogni giorno abbracciamo questo eccezionale strumento cercando il giusto equilibrio tra potere e controllo, calibrando le parole per fare in modo che il World Wide Web possa crescere in modo sano e forte.
Ogni giorno abbiamo questa battaglia di fronte: contrastare gli usi sbagliati della Rete ed allo stesso tempo negare ogni etichetta o grado di valore. Internet è uno strumento, punto. Nel bene e nel male.
Per questo non si può ora accettare la proposta di vedere assegnato a Internet il Nobel per la Pace. Non perchè non si apprezzi la bontà dello strumento, anzi. Però accettare l’attribuzione di un valore significa compiere un passo in una direzione sbagliata. Internet non è “bene” così come non è “male”: ambasciator non porta pena. La Rete non è un mondo di pacifisti così come non è un covo di pedofili: la Rete è semplicemente il più grande degli strumenti che abbiamo a disposizione, il più grande moltiplicatore delle idee e la più grande fucina di contenuti culturali esistenti. La bontà delle idee e del profilo culturale, però, non è qualcosa che può essere attribuito al Web, in nessun caso. La sua meraviglia, anzi, è proprio nella commistione di caratteri e di nature, commistione che costringe al dialogo ed al confronto e che in questo involontario minestrone crea l’essenza rivoluzionaria che si porta nel DNA.
Lasciamo crescere la Rete in qualità di strumento. Lasciamo che rimanga nella sua fredda neutralità, nel suo splendido isolamento tecnico. Lasciamo alla scienza quella che è una tecnologia rivoluzionaria, senza in questo indicare alcunché: il cambiamento sarà buono nella misura in cui verrà piegato al bene comune. Considerare la Rete come una unione di persone, significherebbe premiare una comunità eterogenea, tenuta assieme da uno strumento che nella sua opera non formula giudizi: unisce il buono con il cattivo, fa da megafono all’Unicef come ad Al Qaeda, commistiona popoli e genti e questa opera è tanto meravigliosa quanto asettica.
E’ persin troppo facile ricordare come Alfred Nobel fu l’inventore della dinamite: è questo il caso più emblematico di quanto uno strumento non possa essere giudicato per il modo in cui viene usato. Se si accettasse poi l’eventualità di un giudizio di valore sulla Rete (ma è già in questo passaggio il peccato originale inaccettabile), occorrerebbe attribuire alla Rete anche il Nobel per la Medicina, o magari un domani quello per la Letteratura, o quello improprio per l’Economia: in tutti questi ambiti la rivoluzione dettata dal Web è sconvolgente ed i vantaggi enormi.
Si potrebbe approfondire ulteriormente la questione. Questa presa di posizione non vuole negare il significato enorme che la Rete sta ricoprendo nella rivoluzione in atto. Al tempo stesso non si vuol certo ignorare il senso comunitario che la Rete sta creando sul pianeta, portando su di una piattaforma unica miliardi di persone, milioni di comunità, centinaia di idiomi ed un’infinità di differenze. E nemmeno si vuol sminuire il valore di una iniziativa che promuove in ogni caso la Rete e le sue virtù: poche ce ne sono, ben venga ogni inno al Web ed alla sua propagazione (e ben venga il coraggio di chi vi impegna tempo e risorse). Ma il nostro discorso va oltre questi riconoscimenti.
Con il tempo il modello culturale della Rete potrebbe creare l’idea di un mondo unito nel quale le diversità saranno più propense ad incontrarsi che non a cercare motivi di scontro: è una dinamica propria del medium che diventa messaggio. Ma anche quel giorno non sarà merito della Rete: la Rete avrà solo permesso all’uomo di mettersi alle spalle modelli culturali stratificatisi nel passato, quando divisioni e distanze erano la piattaforma su cui prendeva corpo l’umano istinto alla sopravvivenza. La Rete veicola il buono così come veicola il male, e salda deve rimanere la certezza per cui in nessun caso alla Rete possa essere attribuita alcuna responsabilità in merito: questa è la vera neutralità.
Non assegnamo alla Rete il Nobel per la Pace. Speriamo, piuttosto, che lo strumento rimanga libero da lacci e possa così aiutare quel ragazzo che oggi impugna il mouse per la prima volta, ma che un domani riuscirà con un’email o un aggiornamento di stato ad accendere la giusta scintilla, nel giusto momento, su quell’ultimo muro che sarà rimasto ancora in piedi. Lottiamo per questo: per una Rete senza premi, ma con piena libertà di espressione. Anche allora non premieremo la Rete. Ma strizzeremo l’occhio allo schermo, ringraziandolo nella nostra intimità per tutte le opportunità che ci sta regalando.
Ed oggi va benedetto chiunque riproponga la Scienza come strumento di pace, perchè in quanto espressione dell’intelletto non può che andare in questa direzione un nuovo movimento per la riduzione degli armamenti:
Se vogliamo, possiamo avere davanti a noi un continuo progresso in benessere, conoscenze e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte perché non siamo capaci di dimenticare le nostre controversie? Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale.
Sono queste parole vecchie 54 anni. Era il 1955, era questo il Manifesto Russell-Einstein.
Come sempre, la confusione del fine con il mezzo porta ad invertire la verità ed a indurre in errore. Non confondiamo dunque lo strumento con l’obiettivo, altrimenti non daremmo il giusto valore alle idee ed alle persone. Non daremmo il giusto rilievo agli usi. Non riusciremmo più a difendere la rete quando qualcuno ci dirà che è diventato strumento di odio e di calunnia.
Così Riccardo Luna, Direttore di Wired Italia, promotore primo dell’iniziativa:
Dobbiamo guardare ad Internet come ad una grande community in cui uomini e donne di tutte le nazionalità e di qualsiasi religione riescono a comunicare, a solidarizzare e a diffondere, contro ogni barriera, una nuova cultura di collaborazione e condivisione della conoscenza. Internet può essere considerato per questo la prima arma di costruzione di massa, in grado di abbattere l’odio e il conflitto per propagare la democrazia e la pace. Quanto accaduto in Iran dopo le ultime elezioni e il ruolo giocato dalla Rete nella diffusione delle informazioni altrimenti prigioniere della censura sono solo l’ultimo esempio di come Internet possa divenire un’arma di speranza globale
Ogni singola parola va sottoscritta. L’errore è nel passo successivo, nel voler riconoscere un merito allo strumento invece che a chi ne sa fare uso sapiente. La confusione dei termini avviene in questa fase: nella tentazione al determinismo tecnologico di chi vede la tecnologia come causa dei cambiamenti sociali, invece che come espressione ed emergenza dei cambiamenti stessi.
I love Internet. Proprio per questo penso che non lo si debba premiare, ma solo proteggere, curare e promuovere.