Lo streaming legale e gratuito si sta imponendo, da diverso tempo, come un’alternativa valida ai network di P2P. Servizi quali Spotify o Last.fm, i quali si autoalimentano tramite la pubblicità e le sottoscrizioni a pagamento, sono stati ormai accettati dalle major che, come prevedibile, hanno deciso di investire su questa nuova tendenza. Una recente polemica proprio su Spotify, tuttavia, sottolinea come lo streaming non sia abbastanza remunerativo, almeno per gli artisti.
Di poco tempo fa è lo sfogo del cantante svedese Magnus Uggla che, senza mezzi termini, ha portato alla ribalta gli inesistenti guadagni derivanti dall’utilizzo di Spotify:
Preferirei essere violentato da The Pirate Bay piuttosto che concedermi a Spotify.
Di primo acchito, la questione potrebbe essere liquidata in termini di popolarità: il cantante non sembra particolarmente seguito nemmeno nella propria nazione, da qui la mancanza di introiti dai servizi di streaming. Analizzando la questione con più attenzione, tuttavia, si scopre come artisti di fama internazionale quali Lady GaGa abbiano subito lo stesso destino. Il fenomeno musicale del momento, con ben 4 milioni di dischi e 20 milioni di digital downloads venduti, ha guadagnato nell’ultimo anno ben 113 euro da Spotify. Cifre davvero irrisorie, come sottolinea il rapper svedese Dogge Doggelito:
È davvero una vergogna. Noi musicisti non abbiamo più nessun diritto, potete anche smettere di pagarci per la nostra musica. Lady GaGa avrebbe potuto guadagnare di più facendo la tassista abusiva.
La percentuale pagata agli artisti è davvero troppo bassa e, in un primo momento, sembra davvero difficile capirne i motivi: il servizio è seguitissimo, gli introiti pubblicitari sono elevati e i costi di manutenzione contenuti. Basta, tuttavia, indagare sui finanziatori del progetto per svelare l’arcano: tutte le major sono azioniste di Spotify e, di conseguenza, incassano gran parte dei ricavi. Come ormai di consueto, a farne le spese sono sempre gli artisti.