A distanza di pochi giorni dalla proposta del First Click Free, Google subisce in Italia una elaborata e sonora bocciatura a firma di Carlo De Benedetti. La sua lettera al Sole24Ore, infatti, è una arringa contro il motore di Mountain View, una tesi sviscerata partendo dall’analisi delle fonti di profitto dell’azienda per giungere alla conclusione per cui il motore sta tentando di regalare le briciole pur di tenersi il grosso degli introiti. E questo l’editoria tradizionale non intende accettarlo.
Secondo De Benedetti è sbagliato pensare che Murdoch abbia ottenuto una vittoria contro Google, anzi. Con i 5 click gratuiti, piuttosto, Google ha imposto una sorta di «tangente preventiva»: «È questa la vittoria di Murdoch, accettare di regalare ogni giorno a ciascun utente di Google cinque articoli del suo Wall Street Journal, l’unico giornale al mondo che guadagna vendendo contenuti? Fosse così, ben scarso risultato avrebbe prodotto la recente minaccia da parte dell’editore australiano di sfilare i propri quotidiani a Google per darli in esclusiva al giovanissimo concorrente Bing della Microsoft. Per gli altri editori, quelli del tutto gratis, nulla cambia». De Benedetti spiega inoltre come l’unico interesse di Google sia quello di raccogliere dati, qualcosa che consenta al gruppo di ottimizzare la propria vera macchina dei profitti (il motore di ricerca con il relativo Search Advertising), ma persegue la propria mission ignorando come questo tipo di azione parassita vada a soffocare chi produce i contenuti di maggior valore. Con una forte accusa conseguente: «Nessuno di quanti accusati in passato di volontà egemonica – né IBM, né Microsoft – ha mai osato spingersi così avanti».
«Google non produce, ma intermedia»: De Benedetti nella propria lettera snocciola le fonti di profitto di Mountain View ed il modo in cui l’indicizzazione dei contenuti diventa valore. Spiega come il gruppo abbia raggiunto la propria posizione dominante, ma suggerisce il dubbio per cui d’ora in poi la corrente potrebbe cambiare: l’antitrust italiana sta lavorando, in Germania soffiano venti nuovi e anche l’UE potrebbe trovare una nuova rotta portando alle Comunicazioni un nome quale Neelie Kroes in precedenza impegnata presso l’antitrust. «Ovviamente, Google opera a livello locale e globale al fine di evitare che i suoi servizi siano analizzati e indagati nel loro complesso dalle autorità di controllo e dagli organismi di tutela. L’obiettivo finale è impedire che qualcuno reclami e ottenga una parte dei suoi enormi profitti pubblicitari».
De Benedetti (il quale nel recente passato aveva chiesto in modo scomposto medesimo obolo anche ai provider) scaglia un vero e proprio macigno contro il gruppo “rivale” smontandone anche l’atteggiamento finto-collaborazionista intrapreso: «Schmidt dice che Google è una parte del problema complessivo dei giornali, ma può essere anche una parte significativa della soluzione. Giusto. Ma allora collabori davvero con loro e accetti di condividere con i giornali una minima quota dei profitti giganteschi che ha fatto e farà, visto che comunque i giornali sono la più potente esca per i navigatori che vanno sul motore di ricerca. Come? Semplicemente pagando i diritti di proprietà intellettuale». L’idea del First Click Free, insomma, è definita più come un diversivo che non come un cambio di strategia vero e proprio.
Nella lettera si chiede a Google di dare all’editoria il valore che meritano i contenuti di qualità, così che il sistema possa sostenersi per collaborare in seguito con Google alla creazione di un mondo dell’informazione sano ed equilibrato. Il tutto stempera in un punto interrogativo lasciato in sospeso: Google muova la prossima pedina, palesi la propria buona fede. «È questa la partita in gioco. Ed è di tale importanza che ogni mossa merita attenzione e rispetto. Vedremo se altri passi seguiranno».
La morsa contro Google si chiude con le parole di Rupert Murdoch, il quale avrebbe parlato davanti agli organi della Federal Trade Commission delineando un mercato editoriale già morto, costretto nei fatti a cambiare modello di business per allontanarsi da un advertising sempre meno redditizio e sempre più egemonizzato da Google. Nasce di qui l’idea di una reazione forte allo stato dei fatti: «Chi mi critica dice che il lettore non accetterà di pagare. Io invece credo che pagherà se gli diamo un prodotto utile e di qualità» E a proposito di Google: «Costoro pensano che hanno il diritto d’impadronirsi dei nostri contenuti e di usarli senza contribuire di un centesimo ai costi. Questo si chiama furto. Noi faremo in modo di ottenere un prezzo ragionevole ma equo per il valore che offriamo».
La mano è tesa verso Google, sia da parte di De Benedetti che da parte di Murdoch. Se sarà stretta di mano o altro, però, dipenderà in larga parte dal modo in cui Google vorrà rispondere ai propri detrattori.