Google e Facebook hanno intrapreso una nuova battaglia, estendendo così il fronte della sfida oltre ai social network ed ai servizi “connect”. Il nuovo campo di battaglia è quello degli “short url“, link di lunghezza ridotta di grande utilità per tutta una serie di nuovi ambiti.
“goo.gl” sarà l’abbreviativo degli url su Google, “fb.me” sarà l’abbreviativo degli url su Facebook. Google porterà avanti il servizio tramite la propria Toolbar nonché tramite Feedburner, portando così la propria proposta ad una prima community di utenti. Soprattutto tramite Feedburner il nuovo short url diventerà maggiormente “virale” ed utile, accorciando gli attuali link e rendendoli migliori per tutta una serie di utilizzi. Medesimo ragionamento è stato approntato da Facebook, il cui short url dedicato verrà proposto in proiezione direttamente sui link inseriti nelle bacheche del social network (la cui viralità è una caratteristica intrinseca) fino ad essere portati per copia/incolla e condivisione automatica anche su Twitter. Ad oggi fb.me comparirà però ad oggi specificatamente nei servizi mobile.
«Stabilità», «sicurezza» e «velocità»: queste le tre promesse di Google per il proprio goo.gl; l’utilità dell’omologo servizio di Facebook è comprovata invece dalle prove InsideFacebook, sul quale è dimostrata la differenza tra url estesi ed url brevi nell’uso in mobilità. Vi sono infatti motivi precisi nell’uso degli short url e quello fondamentale è la necessaria brevità dei messaggi. In contesti come Twitter o nella lettura su dispositivi mobile, infatti, l’abbreviazione è un vero e proprio valore poiché esistono dei limiti massimi che è vietato (su Twitter, 140 caratteri) o inopportuno (su mobile e piccoli schermi) superare. Di qui la nascita di una necessità specifica, a cui Google e Facebook hanno deciso di dare una risposta interessata che farà sicuramente tesoro degli errori a cui Digg ha già precedentemente pagato dazio affrontando il medesimo tentativo.
Quale sia lo specifico interesse non è ancora dato a sapersi: trattasi probabilmente di un modo per tenere sotto controllo il materiale ospitato, fagocitandone i redirect senza lasciar spazio e potere a servizi terzi che potrebbero nel frattempo imporsi (soprattutto senza aprire il fianco alla controparte) e marchiando a fuoco tutti i contenuti veicolati sul Web tramite i servizi delle due compagnie. La prima risposta alle due novità giunge dal terzo incomodo: servizi come Bit.ly, attivi da tempo sugli short url, sono destinati a pagar dazio ai due colossi entranti ed è così che il gruppo ha immediatamente creato un profilo “pro” con il quale offrire assistenza avanzata a quanti fanno uso massivo e personalizzato delle url brevi.