All’estero è passata come una class action vera e propria, facendo leva sulla comunanza di terminologia, ma in Italia è stata presentata con più concretezza per quel che rappresenta. L’ADUC, infatti, ha avviato una iniziativa collettiva contro Microsoft, proseguendo così una battaglia intrapresa da tempo, così annunciata dal sito ufficiale: «I tribunali non sono ancora attrezzati per accogliere le domande di azione giudiziaria collettiva, perchè la legge prevede un’organizzazione interna per ora inesistente. In attesa che il deposito delle richieste sia reale e non solo mediatico, è già da alcuni mesi che abbiamo lanciato una campagna di adesioni per il rimborso del sistema operativo Windows (OEM) preinstallato nella quasi totalità dei computer che si acquistano. Rimborso che alcuni produttori già consentono ma con enormi difficoltà e importi ridicoli».
«Ad oggi sono centinaia le segnalazioni di utenti sulla impossibilità di ottenere questo rimborso. Sono diverse le cause individuali avviate e quella “pilota”, promossa da noi presso il giudice di pace di Firenze, è stata vinta. Ma l’adire cause individuali non può che riguardare un numero limitato di utenti, quelli più tenaci e convinti disposti anche a sobbarcarsi il peso di una causa giudiziaria. Per cui, visto l’alto numero di utenti coinvolti e l’importanza della questione in ambito di libertà di mercato, abbiamo deciso di prepararci per agire con un’azione giudiziaria collettiva». L’ADUC, però, prosegue la propria analisi precisando la natura specifica dell’azione intrapresa: «Con la finanziaria 2008 è stata introdotta una nuova azione giudiziaria collettiva, chiamata a nostro avviso impropriamente “class action”, perchè delle class action ha decisamente poco. La normativa non è mai entrata in vigore nella formulazione originaria; solo la successiva modifica della norma che ne conteneva la disciplina […] ha disposto l’entrata in vigore dal 1 gennaio 2010 (con la legge n. 99 del 2009). La nuova formulazione dell’articolo la chiama “azione di classe”: un consumatore inizia questa azione giudiziaria chiedendo al giudice la tutela di “diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti” contro l’impresa che li ha violati tramite l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni».
Chi può partecipare: «La class action che prepariamo, come stabilisce la legge, è rivolta esclusivamente ad acquirenti privati (ovvero che non abbiano fatto l’acquisto tramite partita Iva) di computer con sistemi operativi preinstallati e che non abbiano accettato la licenza d’uso del software né l’abbiano mai utilizzato». L’adesione è possibile utilizzando le istruzioni contenute nell’apposita pagina online messa a disposizione dall’associazione. Le regole che dettano le direttive per le class action in Italia impongono una sola iniziativa per ogni singolo problema. Per questo motivo ogni utente interessato a partecipare dovrà salire sul carro in corsa poiché un secondo appello non sarà accettato a livello legale. Nessuna ulteriore class action contro il sistema operativo preinstallato, quindi: o ci si accoda all’iniziativa ADUC, o il rimborso non sarà più possibile per via legale.
La class action ha dunque inizio. O almeno in linea teorica. Un passo ancora, infatti, separa l’intenzione dalla fattibilità: «Una volta proposta l’azione, il tribunale effettua un primo vaglio di ammissibilità. Solo se la richiesta avanzata supererà questo vaglio l’azione di classe sarà valutata nel merito».