Google: "Il Web in Italia è in serio pericolo"

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Una reazione decisa e sicuramente forte quella con cui Google ha risposto alla sentenza che ha condannato tre dirigenti della filiale italiana nella causa che ha visto di fronte BigG all’Associazione Vividown.

La sentenza è relativa alla ormai famosa vicenda accaduta nel 2006, quando su Google Video venne caricato un filmato in cui venivano mostrate violenze fatte ai danni di un ragazzo affetto da Sindrome di Down. Una vicenda che ha visto il gigante americano, gestore del sito Web che ha ospitato il video, condannato per violazione della privacy, con tre degli allora dirigenti di Google Italia, ovvero David Carl Drummond, ex presidente del CdA e legale di Google Italy, George De Los Reyes, ex membro del CdA di Google Italy e Peter Fleischer, responsabile policy Google sulla privacy per l’Europa, condannati a sei mesi di reclusione, poi sospesi.

Una decisione che ha evidentemente aperto la via a pesanti strascichi e discussioni roventi non solo dal punto di vista legale, tanto che da Mountain View, tramite un post pubblicato sul blog ufficiale, si è arrivato a dire testualmente che esiste una “seria minaccia per il Web in Italia”.

Una presa di posizione forte che farà sicuramente discutere, dovuta alla decisione del tribunale che ha riconosciuto una responsabilità diretta all’azienda americana per il mancato controllo preventivo sui contenuti caricati dagli utenti. Secondo Google ci troviamo davanti ad un “attacco fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet”, un aspetto che si pone in netto contrasto con la libertà d’espressione che ha fatto di Internet il media che è oggi:

La Legge Europea è stata definita appositamente per mettere gli hosting providers al riparo dalla responsabilità, a condizione che rimuovano i contenuti illeciti non appena informati della loro esistenza. La motivazione, che condividiamo, è che questo meccanismo di “segnalazione e rimozione” avrebbe contribuito a far fiorire la creatività e la libertà di espressione in rete proteggendo al contempo la privacy di ognuno. Se questo principio viene meno e siti come blogger o YouTube sono ritenuti responsabili di un attento controllo di ogni singolo contenuto caricato sulle loro piattaforme (ogni singolo testo, foto, file o video) il Web come lo conosciamo cesserà di esistere, e molti dei benefici economici, sociali, politici e tecnologici ad esso connessi potrebbero sparire.

Una visione drastica e quasi “apocalittica”, ma basata su concetti effettivamente condivisibili. Pensare di filtrare preventivamente tutta la mole di contenuti che viene riversato dagli utenti, il vero motore della Rete, su siti di videosharing, piattaforme di blog, forum ecc. È ovviamente un lavoro impossibile da realizzare, al punto che, se la legge dovesse imporre una simile forma di “scrematura” alla fonte dei contenuti, tutto il sistema su cui il Web è basato entrerebbe in crisi, mettendo in dubbio la sua stessa esistenza per come oggi lo conosciamo.

La vicenda legale va comunque avanti, dato che sia Google sia i tre condannati hanno comunicato di voler proseguire l’iter legale al fine di veder riconosciute le proprie ragioni. A prescindere da come la vicenda si concluderà, ciò che fa più clamore è come in Italia, ancora una volta, il Web e la libertà d’espressione che lo contraddistingue siano messi in discussione, un aspetto che di certo non giova alla già imbarazzante immagine del Paese all’estero.

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