Il caso Fastweb è deflagrato da appena 24 ore ma già ha assunto i contorni di un evento destinato a lasciare il segno sul mercato delle TLC. Le indagini sono infatti estese e la forza dei numeri sottolinea la sensazione per cui si sia di fronte ad un misfatto dai contorni realmente clamorosi. L’indagine avrebbe messo in luce il ruolo centrale del senatore Di Girolamo (il quale si dichiara sconcertato per le accuse) ed il coinvolgimento di Fastweb e Telecom Italia Sparkle (già identificatesi come parte lesa).
La prima giornata in borsa è stata un vero e proprio salasso per gli investitori delle due aziende. Le azioni Fastweb, infatti, hanno chiuso la giornata con un tracollo del 7.56% fermandosi a quota 15 euro: a spingere al ribasso il titolo è soprattutto la notizia del coinvolgimento dell’attuale AD Parisi. Swisscom, attuale proprietaria Fastweb, chiude in ribasso ma limitando i danni (i fatti sono infatti relativi ad un periodo antecedente l’operazione d’acquisto). Chiusura a -3.56% per Telecom Italia, controllante il 100% di Telecom Italia Sparkle.
Le indagini sembrano tirare in ballo direttamente anche Telecom Italia, ma il ruolo è in questo caso ancora da verificare: «è evidente che o si è in presenza di una totale omissione di controlli all’interno del gruppo Telecom Italia Spa sulle gigantesche attività di frode e riciclaggio o vi è stata una piena consapevolezza delle stesse». Sparkle è l’appendice del gruppo che possiede l’infrastruttura di Rete del gruppo, quella stessa Rete su cui da tempo si discute per investire nel tentativo di portarne le performance ad un livello adeguato alla domanda del mercato.
«Una delle più colossali frodi poste in essere nella storia nazionale»: così il Giudice per le Indagini Preliminari ha definito la vicenda, spiegando inoltre come la finalità perseguita fosse la creazione di «ingenti poste passive di bilancio dovute alle apparenti uscite di centinaia di milioni di euro in favore delle società “cartiere”. Le ingenti somme di denaro apparentemente spese per pagare l’Iva in favore delle “cartiere” consentivano a Fastweb e Telecom Italia Sparkle di realizzare “fondi neri” per enormi valori». Questi ultimi fondi venivano investiti in immobili ed andavano in molti casi a finanziare attività della ‘ndrangheta ed a corrompere quanti agivano a copertura dell’intero sistema.
Fastweb, su ordine della Consob, ha immediatamente diramato un comunicato ufficiale all’interno del quale notifica le indagini in corso, l’ammontare del danno ipotizzato ed un confronto tra il credito IVA contestato ed il credito regolarmente accumulato dal gruppo. Con una precisazione finale destinata a clienti e dipendenti: «È stata inoltre avanzata nei confronti di Fastweb spa e Telecom Italia Sparkle spa una richiesta di misura interdittiva dell’esercizio dell’attività sostituibile con il commissariamento che sarà valutata dal giudice martedì 2 marzo. L’azienda garantisce la continuità dell’attività ai clienti e ai 3.500 dipendenti e alle oltre 8.000 persone che lavorano per Fastweb».
Omologo comunicato è stato forzato anche in casa Telecom: «Alla luce dei fatti di reato contestati, il Pubblico Ministero ha richiesto al Gip l’applicazione della misura della nomina del commissario giudiziale ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, contestando la responsabilità amministrativa dell’ente per i delitti di associazione per delinquere transnazionale e di riciclaggio internazionale. La decisione sulla richiesta del Pubblico Ministero sarà assunta in sede di camera di consiglio fissata per il giorno 2 marzo 2010». Dunque Telecom Italia già sapeva in qualche modo delle indagini in corso. Così come Swisscom, si viene a sapere, già era al corrente dei possibili problemi in seno a Fastweb. Al tempo stesso già era pubblicamente nota la problematica posizione del senatore coinvolto, ancora in carica soltanto in seguito ad una decisione politica garantista che legava l’eventuale decaduta del mandato a possibili condanne definitive del senatore.
Improvvisamente tutto quel che già era risaputo, quindi, è venuto a galla. Il sistema è stato ben delineato: parte dalle TLC (schede precaricate mai acquistate, servizi mai realizzati), passa per una ingente evasione dell’IVA e giunge all’acquisto di gioiellerie e ristoranti. Il tutto sulle spalle dei pilastri della Rete italiana, quella stessa Rete su cui da tempo si discute per capirne i destini, le possibilità e le carenze. Ora, prima di ipotizzarne il futuro, occorrerà far luce sul passato.