Lo scontro diplomatico tra Google e Cina prosegue silentemente tra indagini, dichiarazioni di circostanza e punti di vista puntualmente contrastanti. L’ultima mossa è toccata alle autorità cinesi in un passo che, tutt’altro che remissivo, sembra poter essere nella direzione di una prossima riappacificazione. «La Cina ha promesso che punirà i pirati informatici che hanno attaccato Google se emergeranno delle prove, aggiungendo di non aver ancora ricevuto alcuna denuncia dal primo motore di ricerca del mondo».
Il Governo cinese promette insomma azioni serie nei confronti di quanti hanno messo a rischio la proprietà intellettuale delle aziende occidentali colpite dall’attacco publicamente denunciato nei mesi scorsi da Google. Ma le autorità orientali ci tengono a non far passare la propria iniziativa come un passo indietro. Le dichiarazioni delle istituzioni cinesi a Xinhua sono così rilanciate da Reuters: «Se Google avesse prove che gli attacchi provenivano dalla Cina, il governo cinese li inviterebbe a fornire informazioni e punirebbe severamente i responsabili secondo la legge […] Noi non appoggiamo mai gli attacchi perché anche la Cina cade vittima di attacchi di hacker». Trattasi di dichiarazioni accreditate al viceministro Miao Wei.
Ed è ancora il viceministro a proseguire approfondendo nello specifico il rapporto con Google: «Se Google decidesse di continuare le sue attività in Cina e si attenesse alle leggi della Cina, sarebbe il benvenuto […] Se la società sceglie di ritirarsi dal mercato cinese, deve far fronte a certe procedure secondo la legge e i regolamenti e affrontare i problemi dei clienti che dovessero emergere». Dichiarazioni che, così formate, sembrano essere più una minaccia nei confronti del ritiro che non nei confronti della permanenza.
Google ha bisogno della Cina: è un mercato di grande potenziale ed in pieno sviluppo, di grande prospettiva e di forte influenza. Per contro, anche la Cina ha bisogno di Google: ne ha bisogno per accompagnare lo sviluppo e la penetrazione della Rete, ne ha bisogno per dimostrare al mondo la maturità del proprio mercato e la bontà delle proprie normative interne. Dopo mesi di braccio di ferro, insomma, la tensione sembra smussata e le parti iniziano a lasciar trapelare più le opportunità che non le difficoltà.
Va ricordato il fatto che Google, dopo aver lanciato la propria accusa con forza (tanto da coinvolgere anche le autorità USA in una guerra che è sembrata andare ben oltre le semplici questioni tecniche), ha immediatamente abbassato la mira evitando di forzare la situazione. La Cina ha così evitato azioni che portassero lo strappo oltre il limite del non ritorno, ed in questo quadro i rapporti son maturati nel contesto di un nuovo tipo di dialogo.
Le accuse nei confronti di due università sembravano dimostrare (senza giungere a conclusioni confermate) il non coinvolgimento delle autorità, ed ulteriori indagini sembravano accreditare la tesi per cui l’attacco sarebbe stato portato avanti da hacker tutt’altro che esperti. La Cina chiede semplicemente le prove: se venisse provata la responsabilità di un privato, in effetti, le istituzioni sarebbero automaticamente scagionate.