Accanto ai network di filesharing, negli ultimi anni un terzo attore si è imposto come paradiso del download illegale. Stiamo parlando di Rapidshare, il famoso Web-hosting largamente utilizzato dagli utenti di tutto il globo. Il servizio ha sempre fornito spazio Web per numerosi file protetti dal diritto d’autore che, letteralmente, sono stati presi d’assalto dagli utenti: la buona velocità di download, corredata dall’assenza dei lunghi tempi d’attesa cui il P2P ha abituato gli user, hanno contribuito ad accrescere la popolarità del portale.
Nelle ultime settimane, tuttavia, i responsabili di Rapidshare hanno deciso di adottare una linea aggressiva contro gli sharer di contenuti illeciti.
Molti degli utenti registrati, e sottoscrittori dell’abbonamento premium, si sono visti chiudere gli account, indipendentemente fossero degli sharer o dei semplici downloader. Le ragioni alla base di questa decisione deriverebbero dalla necessità di operare un maggiore controllo verso i file illegali uploadati, e scaricati, dagli utenti.
E non è tutto: gli amministratori del servizio hanno contattato via email gli sharer più recidivi, informandoli che i log delle loro connessioni, comprensivi di IP, saranno conservati per questioni di carattere legale.
Il repentino cambio di rotta di Rapidshare, tuttavia, appare decisamente strano. Per anni, infatti, il servizio ha accolto i pirati di tutto il mondo che, indirettamente, hanno contribuito alla crescita esponenziale degli introiti della società. Non appare chiara, quindi, questa inversione di marcia: anche in questo caso vi è lo zampino delle lobby del mercato audiovisivo?