Ci capita sempre più spesso di interessarci della situazione spagnola, incastrata fra una legislazione estremamente permissiva per quanto riguarda il filesharing e le spinte anti-pirateria richieste a gran voce dalle lobby che trovano nel governo Zapatero, in verità un po’ in affanno, un ascoltatore spesso troppo attento.
Di recente proprio il governo socialista ha messo in cantiere un progetto di legge per una “nuova economia sostenibile” che prevede, fra le altre cose, misure a favore dei possessori dei diritti di proprietà intellettuali e, quindi, contro la pirateria informatica. La novità è che, fra il coro di protesta a queste proposte, si è levata la voce, fra le pagine di Fedea, di noti economisti come Pablo Fernández e Michele Boldrin.
Il succo del discorso è in realtà molto semplice: queste leggi favorirebbero soltanto le grandi major e gli artisti già affermati, contro gli interessi del pubblico e delle “nuove proposte”. Molto più interessante sarebbe la situazione se si investisse verso un innovamento del settore musicale tenendo conto delle potenzialità della rete.
In pratica, ancora una volta contro queste leggi si leva il solito “buon senso” che si contrappone alla cocciutaggine di chi non riesce a capire in che modo sia cambiata la società, rendendo obsolete le forme classiche di protezione del copyright.