Il nome nuovo nel mondo del social networking è “Diaspora“. Non è nato come anti-Facebook, ma in questa opposizione ha trovato la sua fortuna. E Diaspora ha una caratteristica peculiare rispetto a tutti gli altri social network sul mercato: Diaspora, infatti, non esiste.
Diaspora ad oggi è soltanto un progetto, qualcosa che 4 ragazzi della New York University («Maxwell, Daniel, Raphael e Ilya») hanno portato online alla ricerca dei 10 mila dollari necessari per tentare di portare a compimento il progetto. Diaspora, però, è andato ben oltre: se l’obiettivo erano 10 mila dollari entro il 1 Giugno, ad oggi il gruppo ha già raccolto praticamente ben 10 volte tanto e con 100 mila dollari in tasca il gruppo ha preso tempo, ha promesso 3 mesi di impegno dedicato ed ha chiesto pazienza in attesa che vengano terminati gli studi.
La vittoria del team è stata nella bontà e nella forza del progetto: Diaspora, infatti, si propone come una sorta di social network distribuito, una piattaforma sulla quale gli utenti abbiano il pieno controllo delle proprie informazioni. I dati, infatti, non sono archiviati su server di aziende terze, ma sono posseduti per definizione dagli utenti. Ed è in questa caratteristica che è scattata la scintilla vincente: una vasta community ha visto in Diaspora il perfetto anti-Facebook, il progetto ideale per ribaltare la situazione e riportare nelle mani degli utenti il controllo di ciò che vanno a «dipingere» sul canovaccio della rete.
«Siamo l’idea da 140 caratteri. Siamo il disegno del vostro gatto. Siamo il post sull’economia. Siamo la conoscenza collettiva che è Wikipedia». Linguaggio evocativo e idee chiare. Ma poco, al momento, da far vedere: «Abbiamo già un rudimentale prototipo di Diaspora che gira sulle nostre macchine, e stiamo lavorando come matti». E nel frattempo il conto continua a salire su KickStarter: se Diaspora avrà il successo che ha saputo avere prima ancora di nascere, il nuovo fenomeno sta sicuramente per vedere la luce. E la sfida a Facebook è chiara fin dal nome.