Chi di noi non è stato tentato? Fare a meno di tutto, almeno per un po’: niente posta elettronica, niente social network, motori di ricerca, chat. Una dieta ferrea, senza più Web. Negli USA c’è chi ha voluto passare dalle parole ai fatti, ma non si tratta di seguaci new age. Sono giornalisti, del Washington Post.
È notizia di questi giorni e sta già facendo parlare la blogosfera: otto tra i più noti reporter del quotidiano americano hanno scritto i loro resoconti dopo questa rinuncia volontaria. L’esperimento, denominato “Unplugged Reporters“, è una risposta a quanto fecero cinque giornalisti delle Radio Pubbliche Francofone qualche tempo fa, quando provarono a isolarsi dal resto del mondo e continuarono il loro lavoro potendo contare solo su Facebook e Twitter.
I loro colleghi americani, invece, si sono sottoposti come topolini da laboratorio a questa prova dal duplice obiettivo: riscoprire il lavoro giornalistico senza Web, ma soprattutto misurare la capacità di resistenza di professionisti generalmente collegati a ciclo continuo con la rete.
Dai resoconti dei reporter, sembra essere stata molto dura. Se la proposta del caporedattore, Mark Fischer, aveva raccolto inizialmente grandi entusiasmi, ci sono voluti pochi giorni, in certi casi persino poche ore, perché emergessero incredibili forme di astinenza.
Le reazioni, raccontate sul sito del giornale, sono state le più diverse: c’è chi ha provato un senso di angoscia; chi, come Theresa Vargas, staff writer del Post, addirittura un disagio fisico alle mani improvvisamente liberate dai gesti compulsivi sullo smartphone, tanto da chiedere di essere esonerata per un’inchiesta sul cyber-stalking; c’è anche il caso di Michael Rosenwald, sentitosi così affrancato da non voler più tornare come prima, tanto da impegnarsi a non twittare più di una volta al giorno e disinstallando molte applicazioni del suo cellulare.
Avevo lasciato la casualità fuori dalla mia vita. Ogni giorno decine di aggiornamenti mi recapitavano direttamente sulla posta tutte le informazioni che ritenevo necessarie. Mi ero convinto di non aver più bisogno dei giornali. Poi è arrivata la liberazione: io non sono un gadget!
Com’era prevedibile, le otto cavie hanno dato otto risposte diverse. Agli antipodi, Paul Schwartzman, che racconta di aver approfittato del temporaneo black out per rileggere vecchie lettere di amici e fidanzate, scoprire il fascino della scrittura a mano, mentre Christian Davenport è laconico già dopo pochi giorni.
Restare una settimana senza Internet è stupido. Non diventerò più saggio per il solo fatto che ho staccato la spina o perché apprezzo pienamente la realtà. Non devi fare a meno di Internet per capire quel che hai intorno.
Insomma, non esiste una risposta univoca. Sicuramente l’esperimento è più sociologico che giornalistico, riguarda le nostre vite di tutti i giorni piuttosto che il nostro lavoro. Ma la domanda resta: riuscireste a fare a meno del Web per una settimana? E come pensate che reagireste?