Ormai da settimane a tenere banco è il DDL Intercettazioni, che la Rete ha bollato come Legge Bavaglio, innescando così la nascita di movimenti di protesta, virtuali e non. Tra i passaggi del testo, più volte rivisto e modificato nel suo iter parlamentare, ce n’è uno preso in considerazione da un’interessante riflessione pubblicata su Punto Informatico dall’avv. Guido Scorza.
Il comma 29 dell’art. 1, in particolare, potrebbe avere dirette e pesanti ripercussioni sull’attività di chi scrive per o gestisce piattaforme UGC (ovvero User-Generated Content), tra le quali rientrano a pieno titolo anche tutte le vivaci realtà che pullulano nella blogosfera.
Scorza punta il dito contro l’obbligo, per blogger ed editori, di rendere effettiva una rettifica a notizie, post o articoli pubblicati, entro 48 ore dalla sua ricezione. Se così non fosse, questi soggetti incorrerebbero in una sanzione pecuniaria per un ammontare massimo di ? 12.500.
È un duro colpo alla libertà di informazione online perché si appesantisce e “burocratizza”, senza alcuna necessità, un’attività che ha, sin qui, avuto il suo punto di forza proprio nella semplicità con la quale chiunque poteva aprire e gestire un blog senza altre preoccupazioni che non quella, sacrosanta, di non violare gli altrui diritti e, eventualmente, rispondere delle violazioni.
Che il legislatore abbia poco chiara la materia sulla quale sta intervenendo? Non è certo la prima occasione in cui norme discusse dalla politica nostrana, poi entrate in vigore o meno, hanno trovato l’opposizione del popolo della Rete. Ad esempio, raschiando la superficie del testo relativo alla proposta di legge avanzata lo scorso anno dall’On. Carlucci, sono emerse influenze da parte di Davide Rossi (presidente Unione Italiana Editoria Audiovisiva), minando così la credibilità di quelli che inizialmente erano i nobili intenti della proposta in tema anti-pedofilia.
Il Web e alcuni canali di informazione già si sono mobilitati contro il DDL Intercettazioni, arrivando in alcuni casi addirittura a promettere di non sottostare alle nuove disposizioni qualora venissero applicate alla lettera, pronti a pagarne le conseguenze.
Tornando a focalizzare l’attenzione sul cosiddetto obbligo di rettifica, questo potrà essere implementato e gestito dalla piattaforma in modo del tutto automatico, con semplici script in grado di offrire a chiunque la possibilità di effettuare annotazioni e segnalazioni, subito riportate in calce all’articolo o al post.
Fatta la legge, trovato l’inganno. Come segnala Scorza (e prima di lui il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi), spostare il materiale pubblicato su un server estero, oppure linkare un sito non italiano contenente il testo dell’intercettazione non sarà passibile di reato, perché:
L’eventuale divieto, infatti, si porrebbe in insanabile contrasto con la libertà di informazione di cui all’art. 21 della costituzione, libertà che non può essere compressa sino a privare un blogger o un giornalista del diritto-dovere di raccontare un fatto – il che è diverso dal pubblicare uno specifico contenuto quale l’intercettazione – di rilevante interesse pubblico.
Se invece si deciderà, come già successo nell’ambito del gioco d’azzardo online e del file sharing (celebre il caso The Pirate Bay) di obbligare i provider nostrani a oscurare interi domini esteri, la situazione assumerebbe connotati ancora più inquietanti. Dopotutto, l’intento dei legislatori non è certo quello di assumere posizioni e comportamenti simili a quelli criticabili e tanto criticati di alcuni altri paesi, giusto?