Su Limewire pende una nuova denuncia

Dopo la citazione in giudizio di otto publisher musicali ai danni di LimeWire, il servizio P2P ha rilanciato il proprio store virtuale sperando di tirare a bordo le stesse etichette con cui il gruppo è ora in pieno scontro legale
Su Limewire pende una nuova denuncia
Dopo la citazione in giudizio di otto publisher musicali ai danni di LimeWire, il servizio P2P ha rilanciato il proprio store virtuale sperando di tirare a bordo le stesse etichette con cui il gruppo è ora in pieno scontro legale

Otto tra i più grandi publisher discografici, tutti parte della National Music Publishers’ Association (NMPA), hanno citato in giudizio LimeWire, uno dei più popolari software P2P: il servizio per lo sharing di vari tipi di file avrebbe facilitato la violazione al copyright ed è da anni che l’industria musicale chiede un rimborso per i danni causati, danni che avrebbero danneggiato non solo gli altri piani dell’industria ma anche gli stessi artisti, autori e compositori.

Le etichette coinvolte, tra le quali figurano grandi nomi quali EMI Music Publishing, Sony/ATV Music Publishing, Universal e Warner/Chappell, si sono appellate a una corte distrettuale di Manhattan. Giustizia sarebbe, secondo quanto è emerso dal comunicato stampa diramato, riuscire a recuperare quanto gli artisti avrebbero perso per colpa di LimeWire. Una vertenza legale conclusasi nelle scorse settimane aveva riconosciuto Limewire colpevole ed aveva sentenziato per una penale da 150 euro per ogni file scambiato: se la nuova denuncia riuscisse ad ottenere medesimo riconoscimento, su Limewire penderebbe un rischio da centinaia di milioni di dollari.

I pezzi grossi dell’industria musicale hanno chiesto al giudice un provvedimento celere che obblighi i piani alti di LimeWire a cessare immediatamente il servizio, anche se a loro parere si tratta di «un danno che nessun risarcimento può e potrà ricompensare», come ha dichiarato David Israelite, direttore generale dell’associazione dei publisher. Il traffico illegale su LimeWire infatti sarebbe addirittura del 95%: il servizio conta circa 50 milioni di utenti unici su base mensile e in totale il programma è stato scaricato oltre 200 milioni di volte. Cifre altissime, queste, che fanno ben intuire la dimensione del danno potnziale per l’industria della musica.

Nessun accordo è ancora stato raggiunto per risolvere il caso. LimeWire starebbe vagliando l’opportunità di trasformare il proprio servizio in qualcosa di completamente legale, svincolandosi così dalle denunce proponendosi come possibile opportunità: «abbiamo avuto alcuni fruttuosi incontri con le etichette, così come con gli editori e gli stessi artisti, abbiamo parlato di un nuovo servizio musicale e di un modello di business che compenserà l’industria tutta», ha esternato un portavoce di LimeWire. Trattasi però di strategie di dubbio valore: il cosiddetto “Limewire Store” è stato lanciato già in concomitanza con i primi scontri legali con le major della musica, ma da allora il brand è rimasto sempre e comunque sinonimo di file sharing.

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