Il codice Azuni

Il ministro Brunetta ha lanciato il Codice Azuni, un progetto nel quale chiede all'utenza della rete di indicare problemi e opportunità del Web affinché si possa in futuro legiferare meglio sul tema. Ma i dubbi sul progetto sono tanti ed oltremodo pesanti
Il codice Azuni
Il ministro Brunetta ha lanciato il Codice Azuni, un progetto nel quale chiede all'utenza della rete di indicare problemi e opportunità del Web affinché si possa in futuro legiferare meglio sul tema. Ma i dubbi sul progetto sono tanti ed oltremodo pesanti

Agosto potrebbe essere un mese importante per la rete. Potrebbe esserlo perchè è proprio nel mese di Agosto che prende il via una nuova iniziativa annunciata dal Ministro Brunetta e per il quale v’è già una nomenclatura ufficiale di grandi richiami: “Codice Azuni“.

«Per costruire una governance di Internet credibile e partecipata è fondamentale seguire un approccio “bottom up”: è questo il modo con il quale la Rete ha funzionato fino ad oggi. Abbiamo così deciso di raccogliere e sistematizzare le esperienze e le prassi che si sono affermate sulla Rete al fine di individuare punti ideali di equilibrio, in analogia a quanto fece il giurista sardo Domenico Azuni che raccolse leggi, usi, consuetudini, ordinanze e decisioni consolidate per la navigazione sui mari dell’Europa di inizio ‘800. Il primo passo da compiere per dare avvio all’operazione “Codice Azuni” è dare voce agli utenti della Rete per condividere come “orientarsi” sulla Rete». Lo scopo, insomma, è apparentemente quello di “ascoltare” l’utenza della rete e dar voce a quanti intendono collaborare per fare in modo che il comparto possa essere regolato in modo allineato a quella che è la nuova realtà digitale. Per far ciò il “Codice Azuni” parte dal basso e tenta di estrapolare dall’utenza i principi cardine attorno a cui legiferare in futuro.

Dizionario universale ragionato – Domenico Alberto Azuni

Dizionario universale ragionato - Domenico Alberto Azuni

Difficile, al momento, capire quanto possa essere cosa buona e giusta il “Codice Azuni” voluto da Brunetta: interessante nella forma, il progetto nasce sicuramente zoppo per essere stato lanciato ai primi di Agosto e con una durata di 30 giorni, il che significa chiaro disinteresse da parte di troppi utenti i quali hanno in queste settimane concentrato il proprio periodo vacanziero. Oltre al peccato originale legato alla tempistica, però, v’è anche un qualcosa di ulteriore: non è chiaro ad oggi dove il documento intenda arrivare e come possa essere eventualmente strumentalizzato in seguito: da più parti giunge infatti una certa diffida alla collaborazione per il modo in cui il mondo della politica ha in passato stigmatizzato la Rete francobollandone le massime espressioni come nuove forme di “brigate” o di “squadrismo”.

Tutta la documentazione relativa al progetto è disponibile sul sito azunicode.it:

  • Nota
    «Questo documento è stato realizzato con i contributi dei membri del Tavolo di Lavoro istituito nel novembre 2009 per assicurare il necessario supporto tecnico ai lavori del Comitato dei Ministri per la Società dell’Informazione […] Il contenuto del documento riflette le opinioni dei membri del Tavolo di Lavoro e non rappresenta in alcun modo la posizione ufficiale del Governo italiano»;
  • Introduzione
    «Internet è il fenomeno che maggiormente, nella storia dell’umanità, ha rivoluzionato regole, processi e abitudini sociali, offrendo grandi opportunità e, conseguentemente, ponendo importanti sfide ad una società ancorata a pratiche e paradigmi provenienti dal passato […] Non è dunque un caso che la governance di Internet sia in misura crescente oggetto di attenzioni, anche contrapposte, da parte dei policy makers. […] Per fare ciò, […] è necessario riflettere sui next steps di Internet e impegnarci a proseguire l’elaborazione, in modo collaborativo, di un contributo condiviso, che definisca principi e strumenti atti a gestire in modo armonioso lo sviluppo della Rete e la nascita di una “tangibile” cittadinanza digitale globale, entrambe comunque saldamente fondate sulla tutela dei diritti della persona»;
  • Quale governance?
    «la Commissione ha analizzato i progressi in materia di governance di Internet e il ruolo dei governi nel processo di sviluppo della Rete, individuando alcune azioni chiave di politica pubblica, a sostegno delle quali l’Europa è chiamata ad agire:

    • stimolare e sostenere il dialogo intergovernativo e la cooperazione con i partners internazionali per individuare principi di policy condivisi per la governance di Internet
    • mantenere la leadership del settore privato nelle questioni relative al management “day-to-day” di Internet
    • incoraggiare e promuovere il processo multi-stakeholders, ove possibile»;
  • Le questioni da affrontare
    «Alcune delle principali questioni da affrontare possono essere così sintetizzate:

    • la cosiddetta “incertezza dinamica” che contraddistingue Internet, per il concomitante agire di fattori quali la crescita stocastica della rete, la irreversibilità e la multilateralità della crescita stessa
    • l’architettura complessa della Rete, la sua natura multi-stakeholders e i modelli “aperti” (open source e open data)
    • gli effetti sul funzionamento dei sistemi democratici (e-democracy, digital divide, e-inclusion, e-government)
    • i temi legati alla privacy e alla dignità della persona che si confrontano con l’uso dei mezzi elettronici che pone nuove sfide di ambito territoriale, scala e velocità
    • la remunerazione del lavoro intellettuale, inclusa la ridefinizione degli strumenti regolamentari in materia di copyright
    • l’analisi della esistenza e/o della dimensione di fenomeni genericamente considerati fattori “devianti”, quali ad esempio l’eccesso di informazione, la disinformazione
    • possibili forme e limiti di intervento in termini di tradizionali strumenti di policy: accountability, regolazione, enforcement, incentivi e codici di autoregolamentazione a livello nazionale, europeo e internazionale»;
  • Il perchè del Codice Azuni
    «Al di là della similitudine tra la “navigazione” sui mari dell’Europa di inizio ‘800 e quella sulla Rete del XXI secolo, la lezione di Azuni dà il senso dell’importanza di governare realtà di dimensioni globali con regole condivise, ma anche e soprattutto della necessità di realizzare ciò con un metodo che riconosca principi e consuetudini già esistenti e sentite. Perché un approccio bottom-up? In passato si è rilevato che Internet non accetta una governance “dall’alto”»;
  • Come orientarsi?
    «Sarà necessario, sempre seguendo una logica bottom up, realizzare una doppia “mappatura”:

    • una prima “mappatura” delle principali problematiche della Rete, identificando, da un lato, quelle sulle quali già esistono regolamentazioni più o meno rispettate e condivise dagli utenti – pertanto suscettibili di essere riconosciute come regole comuni – e, dall’altro, quelle ancora prive di ogni regolamentazione e potenzialmente capaci di creare fattori distorsivi. Per queste ultime, andrà favorito un processo di graduale disegno delle azioni di policy che, alla stregua delle prime, possa facilitare la nascita di comportamenti condivisi e, in prospettiva, di regole comuni;
    • una seconda “mappatura” riguarda le opportunità che Internet offre: infatti, con l’attenzione dei policy makers spesso concentrata sui problemi posti dalla Rete, pochissima attenzione viene dedicata ad identificare le possibilità che da essa hanno origine, nonché la loro relativa priorità, imprescindibilmente valutabile in base all’impatto socio-economico atteso.

Ha collaborato in modo attivo alla stesura del progetto Stefano Quintarelli, il quale spiega così il senso dell’iniziativa: «L’idea è di iniziare a fare una raccolta di contributi dal basso per arrivare poi a una mappatura il più possibile sistematizzata dei problemi, le sfide che la rete pone, e delle opportunità che offre; successivamente come fece Azuni che raccolse le regolamentazioni di tutto il mondo, raccogliere le relative best practices regolamentari mondiali (o loro motivata assenza) e poi cecare di trarre da queste dei riferimenti regolamentari raccomandabili».

E continua: «Questo sarà il contributo di proposta di metodo (e relativa attuazione) che il Ministro porterà al prossimo Internet Governace Forum, un luogo che ha sempre visto l’Italia molto attiva. La mappatura delle best practices è certamente molto importante e, una volta esistente questa documentazione, si spera che i nostri rappresentanti vi faranno riferimento prima di fare proposte legislative. Oggi un tale riferimento non c’è e gli effetti delle proposte fai-da-te sono noti, costringendo molte persone a fare i “pompieri regolamentari”». Di qui l’invito alla partecipazione diretta al tavolo aperto delle discussioni, poichè è in tale sede che il Codice Azuni prenderà forma e corpo.

Per partecipare è disponibile una pagina apposita contenente le istruzioni per seguire ed animare il dibattito. Il tutto con una scadenza precisa: il 4 Agosto il sito ha preso forma, il 4 Settembre terminerà in linea teorica la sessione del dibattito.

Sono tante le minacce che gravano sulla bontà di un documento tanto importante. Il mese di Agosto è la più immediata ed evidente; il clima pre-elettorale che trapela dai palazzi romani è la seconda; l’imminenza dell’Internet Governance Forum di Vilnius, e la conseguente fretta imposta alla sottoscrizione delle idee sul tema, è la terza. Il Codice Azuni, pur nella volontà di un approccio “bottom-up”, potrebbe non essere appreso appieno fin da subito e per questo motivo potrebbe veder viziato il suo risultato finale. Il tema è però ormai sul tavolo ed al “popolo della rete” non resta che collaborare o tacere.

Sempre che il tutto non sia viziato da un problema ancor antecedente: esiste il “popolo della rete”? Se sì, nelle prossime settimane è chiamato all’appello per darsi delle regole, o quantomeno per far vedere che è in grado di stabilire delle proprie linee guida da sé senza che qualcuno elargisca sentenze dall’alto. Una sfida non da poco. Soprattutto in Agosto.

Update
Il ministro Brunetta ci tiene ad aggiungere un paio di precisazioni alla presentazione iniziale del progetto, mettendo così due importanti puntini sulle “i”:

  • «come descritto nei documenti, l’obiettivo dell’iniziativa non è fare nuove norme ma costruire una tassonomia dei problemi percepiti e delle opportunita che offre la rete e successivamente una mappatura delle relative best practices mondiali»
  • «Questa non sarà l’unica consultazione pubblica in materia, ma solo un primo passo per affinare strumenti e metodi raccogliendo feedback dalla rete».

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