«Negli scorsi anni, il legislatore ha assegnato ai cittadini il diritto di utilizzare la PEC nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni; per garantire l’effettività di questo diritto, l’articolo art. 54, comma 2-ter, D. Lgs. n. 82/2005 (c.d. “Codice dell’Amministrazione Digitale”) prevede infatti l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere pubblico nella pagina principale dei propri siti un indirizzo di Posta Elettronica Certificata cui tutti i cittadini possono rivolgersi». Ed è questo il presupposto per la minaccia di una vera e propria class action che il partito dei Radicali Italiani ha redatto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle Regioni Basilicata e Campania e del Comune di Roma.
Recita il comunicato diramato: «Nonostante il termine per mettersi in regola scadesse il 30 giugno 2009, questi enti non hanno adempiuto ai loro obblighi e non hanno pubblicato l’indirizzo PEC sui rispettivi siti; per questo, hanno ricevuto la notifica di diffida preliminare all’avvio di una Class Action (ai sensi del D. Lgs. n. 198/2009) da parte di Radicali Italiani e dell’associazione Agora Digitale, difesi dall’avvocato Ernesto Belisario. Se entro 90 giorni non si metteranno in regola, scatterà l’azione giudiziaria vera e propria alla quale tutti i cittadini interessati potranno aderire».
Il comunicato ricorda che la Posta Elettronica Certificata è nata come strumento che consente un forte risparmio di denaro per tutti coloro i quali decidono di utilizzare tale strumento in sostituzione delle raccomandate con cui normalmente avviene la comunicazione con la Pubblica Amministrazione. La minaccia della class action usa la stessa moneta con cui la PEC è stata promossa: quel che non è un risparmio, infatti, è un costo.
Spiegano Mario Staderini e Luca Nicotra, rispettivamente Segretario di Radicali Italiani e Associazione Agorà Digitale: «La violazione delle leggi da parte delle istituzioni, vera peste del nostro Paese, impedisce a milioni di italiani di accedere ai servizi digitali e di ridurre tempi e costi. I diritti digitali dei cittadini non possono rimanere solo sulla carta: abbiamo iniziato con queste Amministrazioni, ma proseguiremo con le altre migliaia che ancora oggi sono fuorilegge. Forse Tremonti non lo sa, ma c’è una tassa aggiuntiva che il suo Ministero impone agli italiani: è la “tassa” delle raccomandate che paga chiunque voglia rivolgersi ai suoi uffici».
Alle PA è lasciato un margine di 90 giorni: la minaccia intende imporre l’uso della PEC a salvaguardia dei diritti dei cittadini ed in ottemperanza alle stesse normative che le istituzioni hanno legiferato per migliorare i conti dello stato e l’organizzazione della cosa pubblica.