L’associazione Vividown diventerà un sorvegliante speciale che collaborerà con Google per la segnalazione e la soppressione di abusi su Internet. L’accordo tra le parti risolve così un contenzioso che dura dal 2006, quando un noto filmato girato in una scuola di Torino portò l’azienda e l’associazione in tribunale. La giurisprudenza ha sancito la condanna di tre responsabili Google (David Drummond, George De Los Reyes e Peter Fleischer) ed ora le parti si stringono la mano trovando una formula collaborativa che riporta la vertenza su un piano costruttivo.
All’associazione Vividown è infatti riconosciuta d’ora in poi una sorta di via preferenziale, un canale diretto con Google per la segnalazione degli abusi online (soprattutto ai danni delle persone con Sindrome di Down). L’associazione avrà inoltre il compito ed il diritto di nominare altre associazioni omologhe le quali si faranno garanti del proprio monitoraggio ed opereranno per coadiuvare l’attività di filtro con cui Google tiene puliti gli archivi YouTube. Così facendo Google garantisce massima proattività nella rimozione dei contenuti illeciti mentre, per contro, l’Associazione Vividown ottiene una posizione di maggior privilegio nel dialogo con il motore di ricerca.
Google non avrà l’obbligo di eliminare il materiale segnalato da Vividown, ma al tempo stesso avrà l’obbligo di monitorare tale materiale entro tempistiche ridotte. Una volta vagliato il contenuto, il responsabile potrà o eliminare il tutto come da richiesta, oppure respingere la segnalazione motivando opportunamente la decisione intrapresa.
L’accordo stragiudiziale rientra direttamente nel novero delle conseguenze del processo: l’Associazione Vividown decise di portare avanti la propria battaglia nonostante la famiglia della vittima avesse anzitempo rinunciato alla denuncia in seguito alle spiegazioni Google sull’accaduto. Ora tra l’associazione ed il motore nasce un accordo (“Protocollo per la segnalazione e la cooperazione”) che genera un nuovo layer di tutela del quale potranno avvantaggiarsi soprattutto gli utenti. Se non altro, il meccanismo genera un sistema ulteriore di controllo che potrebbe evitare in futuro il ripetersi di casi come quello avvenuto nella scuola di Torino.