Possiamo aggiungere due verbi al dizionario italiano: calabrò e catricalà. Uno è al passato, l’altro al futuro: entrambi di fantasia, entrambi fanno riferimento specifico alla rete, a quella infrastruttura che dovrebbe portare nel mondo i bit italiani e con essi il nostro estro, la nostra economia, la nostra storia, la nostra società. Un passato fatto di errori ed un futuro fatto di pericoli: ecco perchè occorre trovare dei neologismi da utilizzare per spiegare la situazione e per dare ad ognuno le sue responsabilità sulla base delle evidenze.
In passato la Rete calabrò. Successe quando il digital divide iniziò a prendere piede e nessuno ascoltò le grida di aiuto che giungevano dalle valli e dalle piane dimenticate dalla corsa alla banda larga come esclusiva metropolitana. Quando la rete iniziò ad arrivare ai grandi centri, le promesse dei carrier nazionali continuarono ad alzare i toni: le promesse non sono mai mancate, fior di diagrammi e tabelle hanno dimostrato coperture che invece latitavano, il tutto fino alla moltiplicazione delle linee e dei DSLAM che però, non potendo trasformare il rame in fibra, hanno semplicemente nascosto situazioni che nel frattempo si son fatte sempre più difficili. In quel momento la rete calabrò e tutto divenne chiaro: non ci sono i capitali e non ci sono intenzioni di investimento. Si gira la colpa agli italiani, i quali a quanto pare non sono pronti al grande salto perchè culturalmente impreparati al Web ed ai suoi servizi: perchè costruire una rete se poi nessuno la usa? Quando la rete calabrò, si nascose la realtà dei fatti: l’utente capisce la Rete nel momento stesso in cui ha la possibilità di utilizzarla. Facebook lo ha dimostrato. Quando la rete calabrò, qualcuno nascose la testa sotto la sabbia promettendo di mese in mese capitali ed interventi, leggi e coperture.
Il presente è fatto dei denari Vodafone per coprire le magagne del digital divide: intervento oltremodo apprezzabile perchè, quantomeno, verrà concessa una possibilità a chi ancora è legato al vergognoso cappio del 56k (o dell’ISDN: chi se la ricorda?). Il presente è fatto della possibile abrogazione dell’art.7 del Decreto Pisanu: un ennesimo limite che potremmo eliminare. Il presente è fatto di speranza.
Nel futuro, invece, la rete catricalà. Succederà perchè gli investimenti latitano ed i grandi provider rispondono solo e soltanto alla legge del mercato. Succederà perchè l’antitrust è pronta al compromesso: mettetevi tutti assieme, qualcuno controllerà. Nel frattempo il Presidente dell’autorità (non si sa bene se parlando a titolo personale o se esprimendo una decisione presa a non si sa quale livello) fa un passo ulteriore: la Net Neutrality può essere accantonata, il libero mercato necessita di regole flessibili. Così facendo la rete cambierà perche catricalà. I bit avranno costi differenziati, i provider potranno gestire in proprio il traffico offrendo precedenza ai gruppi amici ed ai partner commerciali, tagliando eventualmente fuori la concorrenza con sapienti scelte strategiche e generando barriere d’ingresso che andranno a consolidare il solito oligopolio all’italiana.
Prima la rete calabrò, ma un domani la rete catricalà. Si passerà dalla padella alla brace, forse. Ma l’Italia è ancor sempre in tempo a trovare soluzioni diverse, dimenticando il passato che abbiamo subito e cambiando il futuro a cui siam destinati. Del resto i due neologismi son comparsi improvvisamente ed improvvisamente potremmo dimenticarli. Il presente è sempre fatto di speranza.
Photo credit: Jean-Pierre Dalbéra