Successe con Rule of Rose ed altri giochi ancora, ma il problema non sembra ancora risolto e si ripropone per l’ennesima volta: le dita sono puntate contro un videogame, il suo valore morale, la sua ricaduta sulla psiche dei ragazzi ed i suoi rapporti con la realtà storica odierna. Le dita sono puntate contro Medal of Honor, videogioco di guerra ambientato in Afghanistan e che in queste ore sta facendo capolino in Italia portando anche nel nostro paese le polemiche che hanno già preso piede oltre confine.
La scintilla è in Gran Bretagna ove il segretario della difesa Liam Fox ha bocciato il videogioco per il modo in cui consente ai ragazzi di giocare indossando i panni del Talebano, combattendo pertanto contro la propria stessa nazione. È solo un gioco? No, non per Liam Fox: «è scioccante pensare che qualcuno possa pensare che sia accettabile ricreare le azioni dei talebani contro i soldati inglesi», dunque anche se si tratta soltanto di una animazione videoludica il principio viene impugnato per chiedere ai commercianti di non vendere il videogioco nel nome di un necessario spirito patriottico.
E così la polemica giunge anche in Italia per voce di Augusto Di Stanislao, capogruppo dell’Italia dei Valori in Commissione Difesa: «abbiamo appena finito di piangere 4 nostri soldati uccisi nell’agguato a Farah e avremo nei negozi il nuovo videogame che permetterà a tutti, bambini compresi, di scegliere di stare dalla parte delle forze occidentali o talebani e addentrarsi virtualmente nello scenario di guerra». Dalle parole ai fatti: «Chiederò, in tutte le sedi competenti, il sequestro in tutta Italia del videogioco».
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All’onorevole fa eco un comunicato del Codacons, il quale punta dritto alla richiesta di sospensione delle vendite: «Si tratta di un gioco assolutamente inopportuno non solo perchè ricrea con incredibile precisione un conflitto tuttora in corso e che ha fatto registrare migliaia di vittime, ma soprattutto perchè, nonostante i divieti, finirà nelle mani dei minori, che notoriamente sono particolarmente influenzabili e suggestionabili. Il potere che può avere un videogioco sulla psiche di un bambino è enorme, e ci si chiede se la situazione di guerra riproposta, con annessa possibilità di guidare una banda di talebani e uccidere i soldati occidentali, possa rappresentare un potenziale pericolo per i minori». Il Codacons ignora probabilmente l’esplicito divieto di acquisto ai minori di 18 anni chiaramente indicato sulla confezione. La decisione passa nelle mani di Paolo Romani, nuovo Ministro per lo Sviluppo Economico, al quale la richiesta dell’associazione è stata esplicitamente rivolta.
L’intera vicenda, più che un videogioco, sembra mettere in ballo tutta una serie di principi. Il tutto, però, senza considerare l’assenza di correlazioni vere tra l’esperienza ludica e la formazione culturale, a maggior ragione se in relazione ad un videogioco espressamente vietato ai minori di 18 anni.
Infine, cosa da non trascurare, l’intera polemica sembra montata ad arte proprio per promuovere il videogioco che si vorrebbe censurare: la copertura mediatica di Medal of Honor sembra infatti ben più alta di quanto il gioco in sé non meriterebbe, fermo ad un voto poco più che sufficiente nella recensione GamesNation:
Sebbene queste premesse paiano garantire un’esperienza di gioco molto solida e coinvolgente, Medal Of Honormostra purtroppo limiti evidenti sin dalle battute iniziali. Il primo e più evidente emerge dal comparto grafico, che, nonostante la cura degli scenari, gli effetti di illuminazione convincenti e i modelli poligonali altrettanto efficaci, presenta frequenti episodi di pop-up, tearing e cali di frame-rate. […]
Le cose, purtroppo, peggiorano sensibilmente sotto il profilo narrativo. Nel goffo tentativo di amalgamare tematiche realistiche a sequenze dinamiche fin troppo esasperate, gli sviluppatori hanno infatti dato vita a un inconcludente ibrido tra documentario ed action movie… In presenza di un cast di protagonisti ben assortito e sufficientemente carismatico, questa soluzione avrebbe potuto anche funzionare, ma data la piattezza degli stessi e la superficialità dei dialoghi, il tutto finisce però col risultare pretestuoso e poco intrigante.
Il gioco è stato bloccato al fronte per evitare che i soldati impegnati in Afghanistan potessero rimanere negativamente colpiti dall’esperienza ludica vissuta. A chilometri di distanza, invece, Electronic Arts difende il gioco e cambia il nome dell’esercito talebano nell’esperienza multiplayer denominandolo semplicemente “forze ostili”: un passo simbolico, ma non sufficiente a placare polemiche ormai deflagrate fino alle estreme conseguenze.
Electronic Arts, insomma, non può che ringraziare Liam Fox, Augusto Di Stanislao ed il Codacons per un goffo tentativo censorio che, lungi dal portare a concreti risultati sul mercato, otterrà esattamente l’effetto contrario rispetto a quanto auspicato.