Neanche il tempo di goderci le ultime novità, comprese alcune sulla sicurezza, che è scoppiato un altro scandalo: Facebook ha violato la privacy dei suoi utenti con le applicazioni per i giochi. Questa almeno è la denuncia del Wall Street Journal.
Poche ore fa, la giornalista Emily Steel dal blog All Things Digital ha lanciato un allarme: le “apps” più popolari del sito hanno trasmesso informazioni di identificazione nostre e dei nostri amici a decine di agenzie pubblicitarie e società di ricerca di mercato.
Una vicenda clamorosa, perché stando a quanto rivela lo scoop, riguarda decine di milioni di utenti ed è avvenuta in gran segreto, con un colpo di mano in gran destrezza, come un ladro nella notte.
Le applicazioni incriminate sono le più celebri: Farmville, Texas HoldEm Poker, Frontierville, utilizzate da moltissimi utenti (vedi grafico sotto). Il baco sarebbe stato causato da un’incauta condivisione delle UserID di queste applicazioni, prodotte da aziende indipendenti: veri e proprio pezzi di software che permettono di giocare o condividere interessi comuni con gli altri.
Il Wsj ha rilevato che tutte le 10 applicazioni più popolari su Facebook stavano trasmettendo gli ID degli utenti a società esterne. Ma come è stato possibile?
Secondo un portavoce di Facebook:
La password di un utente può essere stata condivisa inavvertitamente da un browser di Internet dell’utente o da un’applicazione. La password da sola non consente l’accesso a informazioni private di alcuno.
Le cose però non stanno proprio così. Tanto che queste applicazioni sono state congelate. Così scrive il giornale:
Molte applicazioni sono diventate indisponibili dopo che il Journal ha informato della trasmissione di informazioni personali; il motivo specifico per la loro indisponibilità rimane poco chiaro. (…) Non è chiaro neppure se gli sviluppatori di molte delle applicazioni imputate sapessero cosa stava accadendo.
Di certo, leggendo l’approfondito articolo del Wsj, è successo di tutto: almeno 25 aziende, dalle diverse politiche interne, hanno ottenuto una serie di informazioni sensibili, facendone quel gli pareva. C’è chi, come Zynga, giura di non aver mai trasmesso informazioni di questo tipo ad aziende terze. C’è chi invece, come RapLeaf, le ha condivise per il targeting degli annunci con almeno una dozzina di società, tra cui Google.
Difficile dire cosa succederà nei prossimi giorni. Certamente è una tegola sulla testa di Facebook e del suo creatore, Mark Zuckerberg, protagonista anche di recente di affermazioni rassicuranti sulla nuova politica di privacy.
In ogni caso, se siete allevatori di fattorie virtuali, meglio chiudere l’attività. E se avete tanti amici appassionati di questi giochi, potete soltanto aspettare e tenervi informati.
Forse qualche azienda conosce il vostro volto, le vostre abitudini e gusti, ma in forma più o meno aggregata. È fastidioso (e contro le regole stesse del sito), ma non drammatico.