Julian Assange esce dal riserbo e picchia duro contro i media. Dopo i 90.000 documenti riservati che hanno costituito l’Afghan War Logs lo scorso mese di giugno, tutti i media del mondo ieri hanno atteso che Wikileaks riaprisse i battenti rendendo pubblici oltre 400.000 file sulla guerra in Iraq di provenienza dal Pentagono. Ma la notizia era falsa.
Nei giorni precedenti si era già parlato molto del sito dell’ex hacker australiano, che aveva da tempo annunciato la seconda puntata di questa battaglia senza esclusione di colpi tra l’assoluta trasparenza “piratesca” di Wikileaks e Washington, preoccupata delle possibili conseguenze per gli informatori, i civili e le operazioni militari.
Nonostante dopo qualche tempo il Pentagono abbia riferito che quei documenti non hanno causato alcun pericolo, era stata persino organizzata una task force di 120 persone appositamente dedicata all’analisi di tutti questi documenti.
Ma questi documenti non sono mai stati pubblicati, e il sito è ancora chiuso, al momento, a causa, sembra, del blocco imposto da Obama.
Al centro di questo equivoco c’è una rivista famosa, Wired, che ha buttato l’amo nella rete mondiale e ben 700 giornali e blog hanno abboccato. Tanto che, sul Twitter di Wikileaks, Assange ha deciso di replicare duro:
Il blog di Wired non è una qualsiasi fonte che manca di credibilità. Si tratta di un noto oppositore e diffusore di ogni sorta di disinformazione su Wikileaks. Questo è drammaticamente esploso da quando abbiamo chiesto un’indagine su quale ruolo hanno giocato con l’arresto della presunta fonte Bradley Manning.
La controversia nasce da un articolo di Wired sulle circostanze dell’arresto del 22enne Bradley Manning, che è stato successivamente accusato di passaggio di materiale classificato a Wikileaks. Un’accusa pesantissima, alla quale ha già risposto l’editore con un post intitolato “No, non odiamo Wikileaks”:
Mantenere il sangue freddo è una delle discipline più importanti del giornalismo nell’era di Internet. È quello che ti tiene aperto a nuove prospettive, nuove informazioni e anche nuovi contatti, ogni giornalista sa che i loro critici più severi a volte possono diventare le loro fonti di maggior pregio. Non sto contando su Assange, ma mantenere la nostra copertura equa e corretta è fondamentale se vogliamo continuare a riferire su Wikileaks.
In altri termini, Wired non rinuncerà a cercare di capire meglio questo fenomeno, anche se questo infastidisce il suo fondatore.
Intanto, anche ieri il Pentagono ha invitato i giornali a non pubblicare i documenti classificati che dovrebbe essere resi pubblici, prima o poi, da un sito che definiscono “disdicevole”.
I documenti di cui si è tanto parlato sono stati prelevati da un database in Iraq contenente dati su operazioni, relazioni tattiche. Se e quando verranno pubblicati produrranno una serie di possibili scandali, rivelazioni, critiche verso la guerra che più di ogni altra è stata oggetto di fortissimi dibattiti in tutto il mondo.