Oracle ha aggiornato i documenti relativi alla propria denuncia contro Google depositata nel mese di agosto. Ed è un aggiornamento volto ad aggravare la posizione di Google, portando al giudice nuove ed ulteriori evidenze relative alla violazione di copyright da parte del team di Mountain View nella messa a punto del sistema operativo mobile Android.
Oracle, in particolare, sostiene che il pacchetto di API (Application Programmer Interface) di Android sia una diretta derivazione delle API Java, la cui proprietà intellettuale va fatta risalire alla casa madre Sun Microsystem (e per logica conseguenza ad Oracle in seguito alla successiva acquisizione). «L’infrazione del copyright Oracle America includono nomi di metodi e classi Java, definizioni, organizzazione e parametri; la struttura, l’organizzazione ed i contenuti delle librerie Java; i contenuti e l’organizzazione della documentazione Java».
Stando ai documenti presentati dall’accusa, insomma, il lavoro di Google sarebbe stato direttamente copiato dal materiale Oracle tanto che circa un terzo delle API Android sono oggi direttamente correlabili a materiale sotto la proprietà intellettuale della controparte. Il caso dovrà però essere approfondito dai legali perchè i contrasti tra le parti erano noti fin dal 2007 quando, a seguito della realizzazione del nuovo ambiente di sviluppo “Dalvik”, Google chiamò a sé gli sviluppatori Java senza per questo render credito a Sun.
Tutto ciò va peraltro ad aggiungersi alle parole con cui già nelle settimane scorse Oracle affondava l’attacco in risposta al teorema difensivo Google:
Nello sviluppo di Android Google ha scelto di utilizzare il codice Java senza ottenere per questo una licenza. Inoltre, ha modificato la tecnologia in modo che non fosse compatibile con il principio centrale di Java consistente nello “scrivere una sola volta ed usare ovunque”. La violazione di Google e la frammentazione del codice Java, non arrecano danni soltanto ad Oracle, ma danneggiano chiaramente anche i consumatori, gli sviluppatori ed i produttori dei dispositivi
Google al momento non ha risposto alle nuove accuse in arrivo, ma già in passato aveva espresso profondo disaccordo per il modo in cui Oracle gestisce i propri brevetti nel contesto open source in cui opera. La strategia difensiva adottata, infatti, non è nella negazione dello sfruttamento del materiale Oracle, ma volta piuttosto a cercare l’annullamento dei brevetti stessi.
Per Google l’impegno in tribunale in difesa di Android si fa sempre più vasto: Microsoft minaccia da lontano, Oracle non demorde, Gemalto è la new entry del momento.