Amazon non ci sta a passare dalla parte della vittima sacrificale nell’affair Wikileaks e, nel giorno in cui il sito scompare a seguito dell’abbandono di EveryDNS, il gruppo di Bezos risponde per le rime alle accuse provenienti dal team di Julian Assange.
Wikileaks non è andato giù tenero nei confronti del gruppo che originariamente gestiva i server su cui era ospitato il sito: «Se Amazon è così a disagio con il Primo Emendamento, dovrebbe allora uscire dal business della vendita dei libri». Nel frattempo voci insistenti vedevano Amazon a capo chino di fronte alle pressioni della politica USA, con il gruppo pronto a voltare le spalle a Wikileaks appena il Congresso ha iniziato a chiedere chiarimenti sul rapporto professionale tra le parti. Ma Amazon nega tutto e adduce al contrario nuove motivazioni a sostegno della propria scelta.
Amazon elenca i propri argomenti in un apposito comunicato stampa sulle pagine del servizio Amazon Web Service. Punto primo, non c’è stata alcuna pressione da parte del Governo USA (o quantomeno, non sarebbero state pressioni decisive ai fini della scelta finale): dietro la parola “inaccurate” si cela la sensazione per cui le pressioni siano innegabili, ma non comunque tali da costringere il gruppo ad intraprendere la via della sospensione del servizio. Punto secondo, il DDoS è stato respinto e non è pertanto a monte dei problemi con Wikileaks.
La motivazione vera, piuttosto, sarebbe nel fatto che i contenuti classificati in pubblicazione potrebbero determinare pericoli concreti per la vita delle persone e la cosa andrebbe contro le regole del servizio. «Non è credibile che lo straordinario volume di 250 mila documenti classificati che Wikileaks sta pubblicando siano stati attentamente redatti in modo che non mettano a rischio persone innocenti». Amazon si mette insomma dalla parte delle organizzazioni per i diritti dell’uomo che hanno chiesto a Wikileaks maggior cautela.
Il gruppo spiega di avere molto materiale controverso sui propri server, ma mai come in questo caso le perplessità si sono aggiunte all’incredibile mole di dati pubblicata: una sorta di unicum, insomma, a cui dover far fronte con provvedimenti estremi.
La dipartita da Amazon non ha sortito effetti se non una caduta del sito prima del ripristino grazie ai nuovi server europei. Nella giornata di oggi il sito è però nuovamente irraggiungibile a causa dell’abbandono anche da parte del gruppo EveryNet: il taglio dei DNS rende irraggiungibile il dominio ed il team Wikileaks sta probabilmente operando alla ricerca di un nuovo provider a cui far capo. In questo caso le motivazioni a monte della sospensione del servizio sono invece da ricercare in quel DDoS che Amazon ha confermato, pur negando possa essere la causa delle proprie decisioni in merito alla chiusura del rapporto di partnership in seno ai servizi di hosting AWS.
Update
Wikileaks non ci sta e torna a tuonare contro Amazon accusando il comunicato stampa di non aver riferito la verità sul caso:
[blackbirdpie url=”http://twitter.com/#!/wikileaks/status/10637177943752704″]