Il Web ha la testa sulle nuvole, ma è una cosa seria. I grandi passi di Google hanno ribadito con una forza inaudita la parola magica del prossimo decennio: cloud. Si sta delineando così una battaglia colossale per dare una direzione definitiva a questa evoluzione: saremo circondati da applicazioni oppure faremo tutto con il browser?
Big G pare proprio aver fatto la seconda scelta: il suo sistema operativo Chrome è totalmente basato su questo concetto, tanto che per essere applicato alla perfezione è stato pensato un notebook “diskless”, privo di disco fisso.
Per chi ha qualche anno alle spalle sembra impossibile che d’improvviso possa terminare la rincorsa allo spazio di memoria dei nostri computer, ma probabilmente è così. A Mountain View stanno pensando a un Web che raccolga tutte le nostre applicazioni e i nostri lavori di modo che si possa lavorare su di essi senza essere legati a una strumentazione e a un luogo.
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Il cloud ha conseguenze importanti anche nel consumo, oltre che nell’uso della conoscenza. È il caso per esempio dei testi: Google eBook vuole essere la risposta ai marketplace di Apple e Amazon, ma non avrebbe senso se non si prendesse in considerazione anche Google Editions.
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Non più solo la musica e il cinema, ma presto, molto presto anche i libri perderanno completamente la loro consistenza fisica, e non si tratta di perderla a favore di altri formati: con Editions l’utente leggerà in streaming, oltre ogni dispositivo. Un modo come un altro, bisogna dirlo, per controllare la diffusione di un paid content vietandone la copia, in prospettiva futura.
Il concetto stesso di possesso quindi potrebbe cambiare nell’universo immaginato da Google, con conseguenze ancora poco prevedibili. Anche se molti pensano che alle librerie tradizionalmente intese accadrà lo stesso spiacevole destino dei negozi di musica e dei blockbuster.
È la profezia di Chris Anderson nel suo intervento allo Iab forum a Milano: il Web è circondato di applicazioni e cloud. La differenza tra Apple e il suo iPad, e Google con il suo Chrome OS, però, è che nel secondo caso al centro di tutto c’è un browser. Quindi è la Rete, il protocollo aperto di Internet a essere al centro dell’operazione.
Un’idea che apre maggiormente al Web 2.0 e la sua capacità di tenere assieme comunità e reti sociali.