Nelle ultime settimane la vicenda Wikileaks ha richiamato a sé l’attenzione dei media di tutto il mondo, mettendo dapprima in discussione i rapporti diplomatici tra i paesi e spaccando poi in due l’opinione pubblica. La creatura di Julian Assange ha provocato una netta divisione tra coloro che la ritengono un valido ed efficace strumento per garantire la libertà d’informazione e quanti la dipingono come l’incarnazione dello spirito anarchico nell’era del Web 2.0.
Quotidiani e notiziari si soffermano quasi esclusivamente sui documenti diffusi o sulle vicende giudiziarie che coinvolgono il padre di Wikileaks, tralasciando però la battaglia che si sta combattendo in questi giorni nei meandri della grande Rete. Le due fazioni si stanno infatti fronteggiando in una guerra fatta di server, botnet, DNS e query. La notte scorsa il gruppo Anonymous, dopo aver organizzato l’operazione nel dettaglio su Facebook e Twitter, ha messo a segno attacchi DDoS nei confronti dei siti di Visa e MasterCard, mettendone fuori uso per diverse ore l’erogazione dei servizi. La due compagnie, così come PayPal prima di loro, avevano bloccato le donazioni dei propri clienti a Wikileaks.
Il medesimo trattamento è stato poi riservato anche ai portali dei politici USA Joseph Lieberman e Sarah Palin, oltre che a quello dell’avvocato che ha sostenuto in tribunale le due donne presunte vittime di violenza sessuale da parte di Assange. Persino il sito del gruppo Anonymous è poi finito offline, caduto sotto gli stessi colpi scagliati dall’artiglieria informatica antagonista.
Wikileaks, più che un’organizzazione internazionale o un contenitore per documenti di indubbio interesse, assume sempre più i connotati di fenomeno culturale, tanto da attirare l’attenzione anche dell’industria dell’intrattenimento. La software house Gnome’s Lair ha già annunciato di avere in cantiere una raccolta di puzzlegame per PC intitolata Wikileaks Stories e, con il film su Mark Zuckerberg da poco arrivato nelle sale cinematografiche, ipotizzare una simile operazione relativa alla figura di Julian Assange non sembra poi così azzardato.
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