«Abbiamo sviluppato Google per gli utenti, non per i siti Web». In questa risposta v’è il succo della risposta di Google alle accuse relative alla possibile violazione delle norme sulla libera concorrenza e la medesima risposta è stata pertanto usata tanto per replicare alla Commissione Europea, quanto per respingere il teorema del Wall Street Journal.
Secondo quanto pubblicato dal Wall Street Journal (con malcelata allusione a possibili sviluppi legali della questione), sarebbe crescente il malcontento nei confronti di Google da parte di servizi per la ricerca locale che hanno visto le proprie pagine declassate al cospetto dell’offerta Google: il motore privilegia insomma i servizi fatti in casa alle produzioni terze, creando però in questo modo un corto circuito nella concorrenza del settore e consentendo al gruppo di rastrellare moneta in termini di advertising.
Google non ha fatto passare nel silenzio le accuse del WSJ ed ha anzi mandato avanti Carter Maslan, Director of Product Management, tramite il Google Public Policy Blog: «quando qualcuno cerca un luogo su Google, noi forniamo i soliti link verso i migliori siti; semplicemente organizziamo questi risultati attorno ai luoghi per rendere più rapido il modo di trovare ciò che si sta cercando. Ad esempio abbiamo introdotto Place Search per aiutare la gente ad intraprendere decisioni consapevoli sui posti ove andare». Google, insomma, asserisce di voler plasmare le pagine della propria ricerca non per favorire i propri servizi, ma piuttosto per favorire le scelte degli utenti e la loro esperienza sul motore.
Maggior qualità, maggior velocità di risposta, maggior affidabilità, miglior esperienza finale. Google spiega di dover restituire agli utenti i migliori risultati possibili perché, in caso contrario, «la concorrenza è appena un click più in là»: come a dire, insomma, che il motore rivendica autonomia decisionale sui propri meccanismi proprio in virtù di quella concorrenza che altrimenti potrebbe offrire posizioni di vantaggio ai competitor della ricerca online.
Il Wall Street Journal ha evidentemente toccato un nervo scoperto e sollevato un tema estremamente caldo. Le controdeduzioni sono però in larga parte basate su una ferrea logica di mercato. La Commissione Europea aprirà le danze con il proprio approfondimento, dopodiché la questione potrebbe a questo punto sbarcare anche al di là dell’oceano.