Birgitta Jónsdóttir, ex-volontaria Wikileaks ed oggi parlamentare islandese, ha ricevuto una notifica da parte di Twitter relativa all’attività di indagine delle autorità statunitensi nei confronti del suo account @brigittaj. Immediatamente la notifica ha raggiunto pubblica notorietà grazie ai messaggi della Jónsdóttir sul suo stesso account tanto su Twitter quanto su Facebook con un aggiornamento continuo relativo all’andamento della situazione.
Le indagini sono state avviate dal Department of Justice (DOJ), la cui richiesta è stata indirizzata a Twitter: l’autorità statunitense ha richiesto al gruppo informazioni relative all’account @brigittaj a partire dal 1 novembre 2009 ad oggi. La richiesta è relativa alla partecipazione della Jónsdóttir al progetto Wikileaks ed alle testimonianze relative lasciate nel tempo su Twitter, ma l’iniziativa sembra essere più che altro un ennesimo atto ostruzionistico nei confronti del movimento di Julian Assange.
La richiesta del DOJ non è relativa soltanto ai tweet archiviati, ma va ben oltre tentando di entrare in possesso di IP, sessioni e quant’altro relativo ai tweet inseriti sull’account. Non si tratta di una richiesta relativa ai contenuti, dunque, ma soprattutto ai risvolti organizzativi ed alle modalità con cui i messaggi sono stati caricati. Inoltre, l’account è soltanto uno di quelli al centro delle indagini del DOJ: alla Jónsdóttir sono infatti affiancati quelli di Bradley Manning (il principale accusato per la fuga dei “cable”), Jacob Appelbaum, Rop Gonggrijp e, ovviamente, Julian Assange.
Non solo le autorità statunitensi indagano su un ex-volontario Wikileaks, ma intervengono anche nei confronti di quello che è un esponente del parlamento islandese: la politica rientra nuovamente nella questione creando un corto circuito tra legge e comunicazione, diritti e libertà, che perpetra la particolare difficoltà di interpretazione dell’affair Wikileaks fin dalle prime pubblicazioni (soprattutto a seguito del filone Cablegate).
Secondo quanto dichiarato dalla Jónsdóttir al Guardian, ci sono 10 giorni di tempo per tentare di fermare la richiesta del DOJ per vie legali. Le ambasciate sono state immediatamente attivate ed il caso rischia di aumentare l’acredine tra i paesi coinvolti nella questione e nell’ipotesi di estradizione di Julian Assange.