Il New York Times sta per trincerarsi dietro paywall. Uno dei principali nomi dell’industria editoriale internazionale ha dunque deciso di compiere il grande passo per tentare di evolvere un modello di business che ad oggi sembra portare soltanto all’inesorabile declino: la pubblicità non è sufficiente per finanziare la complessa macchina dei contenuti, ma al contempo il passaggio ad un modello a pagamento è qualcosa che fino ad oggi non ha saputo rivelarsi in grado di sostituire del tutto gli equilibri antecedenti sui quali si reggeva il mondo del cartaceo.
La scelta del New York Times è stata maturata per lungo tempo e la risoluzione degli ultimi problemi strutturali aprirà la strada alla definitiva conversione: l’apertura della versione a pagamento dovrebbe essere formalizzata entro il mese di febbraio. Per accedere ai contenuti del NYT sarà pertanto necessario pagare un abbonamento mensile con la possibilità di scegliere se optare per la versione Web o se piuttosto godere della versione completa per Kindle e affini. Le due opzioni avranno prezzi differenti, ma chi sceglierà la versione completa (il cui costo dovrebbe aggirarsi sui 20 dollari al mese) avrà al tempo stesso la possibilità di usufruire anche dei contenuti online (la cui fruizione ha invece un costo proprio pari a 10 dollari mensili).
Secondo il Wall Street Journal ad oggi il sito Web del NYT raccoglie 30 milioni di utenti unici al mese che per il gruppo valgono una raccolta pubblicitaria da 100 milioni di dollari. Soltanto il 15% di questa massa è però “fidelizzata”, mentre l’85% è costituita da utenti “casuali” provenienti da motori di ricerca. Per evitare di perdere del tutto questa quota il gruppo prevede di lasciar aperta la lettura degli articoli per gli utenti provenienti da motore (il medesimo modello già applicato dal Financial Times), utilizzando così questa opzione per promuovere la versione a pagamento del giornale. Al tempo stesso, però, il gruppo potrebbe cercare un accordo più organico con i motori per fare in modo che all’utenza possa essere limitata in qualche modo la possibilità di accedere senza limitazione alcuna ai contenuti dall’esterno senza tuttavia pregiudicare i rapporti con Google e simili: ad ogni visitatore potrebbero essere concesse poche visite al mese ed i motori potrebbero giovarsi comunque dei contenuti di valore che il NYT potrebbe altrimenti decidere di nascondere alla ricerca online.
Il tentativo è quello di avere la gallina pur non rinunciando all’uovo quotidiano. Si tratta senza dubbio alcuno di una scelta coraggiosa, ma per i grandi editori si tratta altresì di una sorta di passaggio obbligato: occorre trovare un nuovo modello di business e la scelta di un paywall proprietario è qualcosa che soltanto un grande nome può decidere di portare a compimento.
Pensare che le scelte del New York Times non influiscano sul mercato italiano, peraltro, sarebbe cosa estremamente ingenua: tutti i principali editori nostrani stanno tenendo d’occhio il mercato d’oltreoceano perché se il modello dovesse funzionare la tentazione sarà per molti irresistibile.