Si torna a parlare di advertising online e privacy, necessità di chi opera nel settore della pubblicità e diritti dei navigatori, cercando ancora una volta di aprire un dibattito costruttivo finalizzato alla ricerca di soluzioni che sappiano garantire un adeguato equilibrio tra le esigenze delle parti. A rilanciare la discussione è Mozilla, proponendo una cooperazione fra tutti i protagonisti in gioco affinché gli utenti abbiano dalla propria la possibilità di opt-out in merito al tracciamento delle loro attività sul Web per scopi di marketing. In estrema sintesi, l’obiettivo è quello di permettere a chiunque lo desideri di non ricevere pubblicità mirate (OBA, Online Behavioral Advertising) in modo semplice ed efficace, dribblando così al tempo stesso ogni possibile tecnologia di tracciamento delle proprie attività online.
Tutti i browser più diffusi, va specificato, dispongono già da tempo di componenti (spesso aggiuntive, come nel caso dei plugin) capaci di schermare l’attività di chi sta davanti allo schermo, così da non inviare dati talvolta sensibili che vengono poi elaborati per la visualizzazione di banner o messaggi di advertising confezionati su misura. La loro efficacia, purtroppo, lascia spesso a desiderare. Ciò che propone la fondazione di Firefox e Thunderbird è fare un passo in avanti, lasciandosi alle spalle l’impiego di cookie o blacklist per basare il funzionamento dei sistemi “do not track” di nuova generazione sulle informazioni contenute nell’header HTTP di ogni dato inviato in Rete.
Mozilla, a conti fatti, ha accolto a braccia aperte l’invito della Federal Trade Commission e si è fatta portavoce di una proposta dal potenziale tutt’altro che trascurabile. A deciderne il destino non saranno però né la fondazione né tanto meno i team di programmatori impegnati nello sviluppo dei software di navigazione, bensì i responsabili dei network pubblicitari. Su di loro viene infatti in questo caso riversata la responsabilità finale nel prendere atto delle decisioni esplicitate dagli utenti, cessando così il salvataggio delle informazioni riguardanti l’attività online e rinunciando alla possibilità di offrire annunci inerenti agli interessi di potenziali clienti o acquirenti.
In altre parole, il dibattito è nuovamente aperto, ma la strada da percorrere ancora lunga e tortuosa. Lo stesso Alex Fowler, responsabile per la privacy della Mozilla Foundation, nel suo approfondito intervento sul blog First Person Cookie ammette le difficoltà insite in un simile approccio, che rappresenta l’ennesimo tentativo di riportare nelle mani dell’utenza il pieno controllo sulla gestione della propria identità Web. Firefox, si legge nel post citato poc’anzi, proverà ad integrare il suo nuovo “do not track” in una delle prossime versioni, anche se al momento non è chiaro in che modo e con quali tempistiche. Il funzionamento è però garantito soltanto da una collaborazione di entrambe le parti: chi sviluppa sito e spazi promozionali da una parte, chi sviluppa il browser dall’altra. Altri approcci emergono in queste ore sul medesimo tema e non è pertanto chiaro quale sistema sarà alla fin fine scelto in qualità di garante strumentale della sicurezza del navigatore.