Sarà pure un nome generico per un bazaar del software online, almeno secondo i legali di Microsoft, fatto sta che a poche ore dal lancio ufficiale del suo “Amazon Appstore” dedicato ad Android (e che al momento conta già ben 3.800 app), il colosso dell’e-commerce statunitense si è visto recapitare una diffida formale da Cupertino in cui si intima di desistere nell’uso del marchio registrato “App Store“.
La questione è sempre la stessa: da una parte Cupertino pretende i diritti di sfruttamento di un marchio – e di un concept – che ha sostanzialmente creato da sola nell’incredulità dei competitor, e dall’altra una concorrenza sostanzialmente appiedata chiede che sia ufficialmente riconosciuta la genericità del termine “negozio di applicazioni”, e che quindi sia di appannaggio pubblico.
All’interno delle carte prodotte, si legge:
“I consumatori dei servizi di download mobile resteranno probabilmente confusi e si domanderanno se il servizio di download mobile di Amazon è sponsorizzato o approvato da Apple”.
Una questione delicata, in cui si intrecciano partnership e rivalità in un modo che, solo qualche anno fa, sarebbe risultato imprevedibile tanto per Steve Jobs che per Jeff Bezos. Amazon, licenziataria da Apple della tecnologia di e-commerce “one click” e attivamente impegnata nella vendita di prodotti con la Mela, si trova ora contro Apple, che avrebbe il diritto di chiederle il 30% per tutti i libri venduti attraverso la versione iOS dell’applicazione Kindle. Un intrico di questioni che secondo qualcuno potrebbe portare ad un interessante accordo extragiudiziale; interessante per entrambi, si intende.