La diatriba che vede coinvolte Microsoft ed Apple in merito alla registrazione del marchio App Store si arricchisce di un nuovo esempio che permette alla società di Redmond di rafforzare la propria tesi. Da alcuni giorni, infatti, l’Amazon Appstore ha aperto i battenti e Microsoft ha subito provveduto a citare tale store di applicazioni come l’ennesimo caso in cui tale termine sia stato utilizzato a scopo generico e che pertanto non può essere registrato e tutelato.
L’intera vicenda affonda le proprie origini nello scorso mese di gennaio, durante il quale Microsoft ha per la prima volta alzato la voce nei confronti della Mela, rea di essersi appropriata di un termine utilizzato ampiamente da altre società. Qualsiasi gruppo voglia creare un negozio virtuale di applicazioni, infatti, è quasi sempre orientato all’utilizzo della parola appstore per descriverlo, così come gli utenti associano tale termine ad un concetto generico e non allo specifico store targato Apple. Lo stesso Steve Jobs, cita Microsoft, nel corso di una presentazione ha etichettato gli altri negozi come “appstore”.
Per cercare di far luce sulla questione, la società di Redmond ha inoltre invitato il proprio linguista Ronald Butters ad esprimere un giudizio. Secondo Butters, il termine appstore sta ad identificare un «qualsiasi negozio in cui sono in vendita applicazioni». Da tale prospettiva sarebbe dunque chiara l’assurdità di una decisione come quella intrapresa da Apple, che ha preteso la registrazione del marchio “App Store” e sta facendo valere i propri diritti nei confronti di qualsiasi altro gruppo voglia aggiungere tale termine alla descrizione del proprio store.
L’ennesima risposta di Microsoft arriva tramite un documento di nove pagine in cui vengono esposte tutte le ragioni sulle quali la società vuole far leva per porre fine alla questione una volta per tutte. Lo scontro tra i due colossi del mondo tecnologico è sempre acceso, con Apple che dal canto suo ha replicato alle accuse di Redmond sostenendo che anche il termine Windows, adottato da Microsoft per il proprio sistema operativo ed appositamente registrato, sia di uso generico e dunque non possa appartenere ad una singola entità. A colpi di citazioni ed esempi, la diatriba è destinata a durare ancora a lungo, fin quando non vi sarà una sentenza ufficiale da parte di un giudice che possa chiarire la situazione e, con buona pace di una delle due parti, stabilire se il marchio App Store debba continuare o meno ad essere proprietà esclusiva della Mela di Cupertino.