Dropbox ha recentemente annunciato il traguardo dei 25 milioni di iscritti, ma allo stesso tempo una modifica dei termini di sicurezza di servizio farà discutere non poco gli utenti.
Secondo quanto indicato relativamente alla modifica dei suddetti termini, Dropbox potrà fornire al governo i dati archiviati dagli utenti se le autorità ne dovessero fare richiesta. Trattasi di una affermazione in netto contrasto con quanto il servizio stesso aveva dichiarato anzitempo, ovvero che nessuno avrebbe avuto accesso ai dati. E se la cosa può apparire logica in virtù delle esigenze legali di collaborazione con la giurisprudenza, il tutto si rivela comunque in contrasto con quanto pubblicamente dichiarato fino ad oggi.
Tutti i file memorizzati su Dropbox, infatti, sono criptati con algoritmo AES-256, e nemmeno i dipendenti dell’azienda possono teoricamente accedervi. Il cambiamento dei termini, invece, mostra alcune contraddizioni con la politica di trattamento dei dati e dei file personali degli utenti. Basterà l’ordinanza di un giudice, quindi, per permettere a Dropbox di sbirciare nei file degli utenti: una disposizione che ha che vedere con il Patriot Act e che cambia comunque il livello di privacy adottato.
Resta da verificare come Dropbox gestirà questa situazione: se perfino colossi come Google hanno avuto problemi con i dipendenti che hanno abusato dei propri privilegi di accesso ai server del gruppo, cosa potrebbe accadere all’interno di una startup come Dropbox?