Quello ritratto nell’immagine è l’immenso data center di Apple costruito nella Carolina del Nord, struttura all’interno della quale vengono ricevute, immagazzinate e inviate le informazioni relative alle attività online dell’azienda. È proprio contro il colosso di Cupertino che Greenpeace ha puntato il dito, con l’accusa di essere una delle società operanti nell’ambito tecnologico che meno tengono conto della tutela ambientale.
La ricerca condotta dall’organizzazione ha dato vita al documento How dirty is your data?, nel quale vengono prese in analisi le pratiche di alcune importanti realtà tecnologiche e quanto costa, in termini di impatto ambientale, la loro gestione delle informazioni che viaggiano in Rete. Si tratta di un argomento tutt’altro che di scarsa importanza: se Internet fosse una nazione, il suo fabbisogno energetico sarebbe di poco inferiore a quello di Giappone e Russia.
Tra le nove aziende prese in esame dal rapporto, Apple è quella che risulta aver totalizzato il minor punteggio alla voce Clean Energy Index. Ad aver contribuito in maniera significativa alla bocciature delle pratiche di Cupertino sono soprattutto i dati raccolti in merito al data center di Maiden, citato in apertura, che secondo Greenpeace consuma tanta energia quanto 80.000 abitazioni negli Stati Uniti, o 250.000 in Europa. In particolare, la struttura ripartisce in questo modo la fornitura di elettricità: 5% da fonti pulite e rinnovabili, 62% da carbone e 32% da impianti nucleari.
Apple è dunque il fanalino di coda di questa particolare e dettagliata classifica stilata da Greenpeace, con una valutazione complessiva pari a 6,7%. Poco più in alto Hewlett-Packard, con il 9,9%. Meglio invece Google (36,4%) e bene Yahoo! (55.9%). Le altre aziende prese in analisi sono Amazon (26,8%), Microsoft (25%), Twitter (21%), Facebook (13.8%) e IBM (10.9%).