SPDY è un progetto nato nei laboratori di Mountain View: il suo scopo è la creazione di un sistema in grado di velocizzare il caricamento delle pagine web durante la navigazione. SPDY è in sostanza un nuovo protocollo con il quale Google vuole portare una ventata di aria fresca in Rete. E SPDY, finora confinato nel Googleplex, è ora diventato realtà.
L’intero progetto affonda le proprie radici nel 2009, quando un team di sviluppatori alle dipendenze del colosso delle ricerche ha aperto i cantieri per la creazione del nuovo protocollo web, il quale va ad affiancarsi ad HTTP come soluzione disponibile per il dialogo client-server nel web. Il suo funzionamento ruota intorno a tre concetti fondamentali: rimozione del numero massimo delle richieste effettuabili al server durante una connessione, introduzione di un sistema per la gestione delle priorità e compressione degli header.
In questo modo gli ingegneri Google sono riusciti ad ottimizzare la comunicazione tra browser e server, aggirando alcuni problemi attualmente presenti nell’implementazione dello stack HTTP, il quale ad esempio non fornisce la possibilità di gestire le priorità: mediante questa tecnica con SPDY è possibile suggerire al server di caricare i contenuti in ordine di importanza, permettendo all’utente di visualizzare le informazioni principali durante il loro caricamento. La configurazione di tali aspetti è poi nelle mani dei programmatori, i quali possono impostare a proprio piacimento il comportamento del protocollo.
SPDY è al momento compatibile esclusivamente con il browser Google Chrome, motivo per cui la sua implementazione in un sito web necessita anche dell’integrazione di un sistema in grado di riconoscere l’UserAgent dal quale proviene ogni connessione al fine di fornire il giusto protocollo a seconda dei casi. Una soluzione alternativa può essere l’utilizzo di servizi come quello fornito da Strangeloop, con il quale è possibile fornire in contemporanea il supporto ai due protocolli mediante l’uso di un Proxy, senza la necessità di modifiche lato server.
In base ai test condotti durante la fase sperimentale, il nuovo protocollo targato Google è in grado di velocizzare il caricamento di una singola pagina web di una percentuale che varia tra il 10 ed il 20 percento. A giovarne saranno soprattutto gli utenti mobile, sia in termini di consumi che di prestazioni dei propri dispositivi, ma l’intero progetto si propone anche come valida alternativa in contesti desktop: secondo alcune analisi, infatti, ciascun utente concede in media 3 secondi ad un sito web per caricarsi prima di abbandonarlo, motivo per cui una riduzione dei tempi di caricamento anche di pochi secondi rappresenta un importante punto in proprio favore.