Il suo nome è K ed è stato incoronato come il supercomputer più veloce al mondo. Nato nei laboratori giapponesi del Riken Advanced Institute for Computational Science in quel di Kobe, è il frutto di un duro lavoro da parte di un apposito team di ingegneri e ricercatori, coadiuvati da Fujitsu, cui va buona parte del merito per la costruzione del supercalcolatore.
Prima di ricevere scettro e corona, K ha però dovuto dimostrare tutta la sua potenza: in un solo secondo è stato in grado di eseguire all’incirca 8,2 quadrilioni di operazioni, quantificabili in una velocità di calcolo pari ad 8,2 petaflops. Costituito da 672 cabinet diversi collegati tra di loro per aumentarne la potenza di elaborazione, ha spodestato il cinese Tianhe-1A, che dopo aver conquistato la vetta alcuni mesi fa deve ora cedere il passo al collega giapponese.
Tali supercalcolatori hanno un range di possibili impieghi che trova nel campo scientifico la propria collocazione: le incredibili velocità di calcolo che mettono a disposizione vengono infatti sfruttate per simulazioni di terremoto ed eventi naturali, previsioni meteorologiche, ricerche in ambito nucleare e militare, ed altre operazioni bisognose di numerose ore di computazione a causa dell’altissimo numero di variabili in gioco. A tutta questa potenza corrispondono tuttavia ingenti quantità di energia elettrica: il solo K consuma tanta corrente elettrica quanta ne sarebbe necessaria per alimentare 10.000 abitazioni, per un costo in termini economici pari a 10 milioni di dollari.
Dopo aver conquistato la posizione di leader nel settore, K non vuole fermarsi qui: il nome stesso, abbreviativo di Kei, che in giapponese vuol dire “10 quadrilioni”, sta ad indicare l’obiettivo dei suoi creatori. Quello dei 10 quadrilioni di operazioni al secondo è uno degli obiettivi che gli scienziati di tutto il mondo cerca di raggiungere da diverso tempo ed i creatori del supercomputer giapponese hanno intenzione di raggiungerlo portando ad 800 il numero di cabinet che collegati tra di loro vanno a comporre il cuore di K.