Sono ore difficili, queste, per Android. La firma dello storico accordo tra Samsung e Microsoft, infatti, mette il sistema operativo nell’angolo, accerchiato da un intero segmento di mercato pronto a scommettere sulle violazioni di proprietà intellettuale da parte del prodotto made in Mountain View.
L’ultimo siluro proviene da Samsung, da quella stessa Samsung che in origine ha rappresentato il vertice primo dell’offerta Android. Il gruppo coreano, infatti, ha commentato il proprio accordo con Microsoft spiegando di aver fotografato la situazione e di essersi trovata costretta a scendere a patti. Quella che Google ha descritto come “estorsione”, per Samsung è qualcosa di diverso: «Se Samsung avesse davvero creduto che l’acquisto di Motorola da parte di Google sarebbe stato utile all’intero ecosistema Android, avrebbe aspettato prima di siglare l’accordo di licenza con Microsoft. Samsung sa di non poter contare su Google. Abbiamo deciso di risolvere da noi i problemi di proprietà intellettuale di Android».
Samsung, croce e delizia: le nuove dichiarazioni suonano come una sentenza, una sorta di invito a Google a regolarizzare la propria posizione, una considerazione laconica su di una violazione che viene data per assodata. La linea è pertanto la medesima già resa manifesta da Microsoft, secondo cui i fatti parlano ormai da soli: Google è all’angolo, Android è contromano e Microsoft ha invece scelto la strada giusta.
Secondo quanto emerso, Samsung avrebbe accordato con Microsoft un accordo di licenza pari a 180 milioni di dollari in royalty in qualità di corrispettivo per il cumulo di Android immessi sul mercato nell’anno 2011. HTC, come noto, ha siglato un accordo simile sulla base di una licenza da 5 dollari per ogni device Android venduto. Per Microsoft, a prescindere da ogni sviluppo successivo, trattasi fin da ora di un lauto introito che potrà essere reinvestito per cercare la fortuna dei Windows Phone. Nella partita a scacchi con Google, questo è certo, il gruppo di Mountain View è a questo punto in chiara difficoltà.