Il mondo del copyright ha un passaporto che gli consente di vivere sonni tranquilli nel mondo di YouTube: il suo nome è Content ID, compie oggi 5 anni e rappresenta l’unico linguaggio che i detentori dei diritti su contenuti video possono utilizzare per discutere le proprie opportunità di mercato sulla repository di proprietà Google.
Content ID, infatti, è un prodotto ambivalente che da una parte offre e dall’altra garantisce: da una parte mette a disposizione una opportunità di mercato in partnership con YouTube e dall’altra garantisce la collaborazione del sito nell’identificazione di materiale caricato dall’utenza e facente riferimento a contenuti già sotto copyright. Trattasi tuttavia di una tecnologia che ha faticato non poco ad imporsi sia per motivi di natura tecnica (il raffronto tra i filmati deve passare in rassegna un enorme database in continua crescita), sia per questioni giuridiche (la difformità delle normative e dei diritti a livello internazionale), sia ancora per la difficoltà del far comprendere ai potenziali partner quale sia l’opportunità da cogliere.
La gestione dei diritti digitali su scala globale è tutt’altro che elementare. Non si tratta solo di assicurarsi che i contenuti che violano il copyright vengano rimossi dalla piattaforma se il detentore dei diritti lo desidera. È anche fondamentale che la soluzione adottata consenta di sviluppare modelli di business innovativi, che garantiscano ai detentori dei diritti di trarre guadagni dal contenuto digitale.
La problematica è complessa. Cosa fare, ad esempio, se i diritti di un video sono detenuti da proprietari differenti in diversi paesi? O, ancora, come può una casa di produzione cinematografica proteggere il contenuto prima dell’uscita di un nuovo film, volendo allo stesso tempo trarre dei guadagni attraverso la pubblicità una volta che il film è nelle sale, anche quando ci sono date di uscita diverse in più paesi?
È per rispondere efficacemente a questo tipo di domande che Google ha sviluppato una soluzione tecnologicamente sofisticata come Content ID.
I partner hanno a disposizione 3 elementi con cui calibrare la propria collaborazione con YouTube:
- controllo dei video: semplice monitoraggio dell’uso dei contenuti protetti da copyright da parte degli utenti di YouTube, senza interventi da parte del detentore dei diritti;
- monetizzazione, attraverso la pubblicità, sia dei contenuti originali del detentore dei diritti sia di quelli caricati dagli utenti, che quindi vengono rivendicati dal detentore dei diritti che ne trae un guadagno attraverso la pubblicità;
- blocco dei contenuti utilizzati senza autorizzazione, affinché non compaiano sulla piattaforma.
Oggi ContentID è una realtà che conta ormai 2000 partner in tutto il mondo, 6 milioni di file “referenziati” (ossia identificati ed identificabili), 500 mila ore di contenuti e 150 anni di video analizzati ogni singolo giorno alla ricerca di materiale da porre sotto il controllo del sistema sulla base delle regole indicate dai detentori del copyright.
In Italia i partner più attivi sotto il cappello del ContentID sono ad oggi RAI, Fox Channel, LA7, Panini, De Agostini e la AC Milan.
L’utilizzo di Content ID in Italia è più che triplicato rispetto a un anno fa. Il database di materiali referenziati da Content ID è infatti aumentato del 300%, il che significa triplicare le opportunità di guadagno per i partner.
Disponibili anche alcune cifre, a partire da quelle della RAI: «La Rai ha deciso di non bloccare le 80-90 mila clip caricate su YouTube dai singoli utenti e quindi guadagna una discreta cifra dai 50-60 milioni di visualizzazioni al mese».