Steve Jobs avrebbe potuto salvarsi dal carcinoma che lo ha colpito nel 2003. La notizia è stata confidata da Walter Isaacson, il biografo ufficiale del fondatore Apple, il quale ha confermato così i rumor emersi nei giorni scorsi a seguito di una fanta-diagnosi che ha portato online tale ipotesi sollevando non poche contestazioni circa l’inopportunità di una simile discussione mentre ancora il mondo stava offrendo il proprio tributo all’iCEO.
Isaacson ha parlato del problema direttamente con Jobs durante le interviste organizzate in preparazione della biografia ufficiale in uscita nei prossimi giorni. Ed è stato Jobs a rivelare la verità su quanto accaduto: una volta identificato il carcinoma, infatti, la diagnosi ha consigliato una immediata rimozione del pancreas per favorire un buon decorso, fino alla guarigione. Ma è stato lo stesso Jobs a rifiutare, in quella che è stata senza ombra di dubbio la scelta più sciagurata di tutta la sua vita di imprenditore, genio ed icona. Le cure alternative per cui ha optato Jobs, però, non hanno sortito gli effetti auspicati ed il resto è storia.
«Non volevo che il mio corpo venisse aperto… Non volevo essere violato in quel modo». Una scelta precisa e lucida, quindi, ma sbagliata. La moglie, la sorella, Art Levinson (board Apple), Andrew Grove (Intel) ed altri ancora avrebbero insistito a lungo affinché Jobs si sottoponesse all’operazione, finché la rimozione del pancreas è divenuta cosa obbligata nove mesi più tardi. Ma in quei nove mesi la situazione è sfuggita di mano. Jobs si sarebbe sottoposto di nascosto ad una serie di cure ed avrebbe rivelato ai propri dipendenti soltanto parte della verità. In seguito l’aggravarsi della situazione ha costretto i medici ad un trapianto di fegato ed a nuove terapie. Ma a quel punto era iniziato il capitolo finale. Terminato il 5 ottobre scorso.
L’ipotesi emersa è stata pertanto confermata: Jobs ha rifiutato l’impatto con la medicina tradizionale finché non si è trovato costretto all’operazione. In seguito sarebbe maturato in lui il pentimento per il ritardo accumulato, o almeno è questa la sensazione avvertita da Isaacson sulla base del numero delle volte con cui Jobs è tornato in seguito sull’argomento. Secondo quanto rivelato dal biografo, Jobs avrebbe pensato di poter “ignorare” il proprio male, credendo in qualche modo ad una risorsa interiore che in realtà poco ha potuto contro il carcinoma: diete, agopuntura e rimedi alternativi (scovati in alcuni casi su Internet) hanno fatto maturare un ritardo rivelatosi letale.
Circa l’aldilà, Jobs non aveva certezze: secondo Isaacson, il CEO Apple credeva che c’era una possibilità su due che un Dio avrebbe potuto esserci. Non un Credo, insomma, ma nemmeno un sentimento agnostico: una curiosità, piuttosto, maturata a seguito della malattia e della consapevolezza di quanto stava accadendo.