Google non ha mantenuto le proprie promesse: l’IFPI, associazione che rappresenta a livello internazionale l’industria della produzione musicale, punta il dito contro il motore di ricerca contestando tutte le promesse mancate dell’anno che va terminando e ponendo così gravi responsabilità in capo al gruppo di Mountain View. Secondo l’IFPI, soprattutto, il mancato impegno da parte di Google potrebbe nascere dal semplice interesse a non spingere oltre la lotta alla pirateria, poiché proprio tramite il traffico che il settore mobilita sul Web il motore di ricerca è in grado di incassare sostanziose entrate derivanti dall’advertising raccolto.
La prima accusa è pertanto quella di collaborazionismo: consentire a chi macchia di pirateria la propria attività significa partecipare al vantaggio economico dell’industria pirata. Una accusa gravissima, insomma, a cui Google non avrebbe però dato risposte convincenti nei mesi passati. Non solo: Google avrebbe affermato di fronte al Congresso degli Stati Uniti di investire 60 milioni di dollari annui al fine di prevenire le violazioni sul proprio motore, ma secondo l’IFPI sarebbe questo uno sforzo del tutto irrilevante alla luce dei 29 miliardi di dollari di entrate che il gruppo mette a bilancio a fine annata.
L’accusa, pubblicata sul sito dell’IFPI per dare maggior enfasi al dito puntato contro il gruppo guidato da Larry Page, chiede espressamente a Google di fare di più per portare in tempi rapidi alla rottura di ogni rapporto con siti pirata eliminandoli dai risultati, cancellando le pubblicità e fermando qualsivoglia relazione economica; di rendere più semplice la richiesta di rimozione dei contenuti; di prevenire i suggerimenti pirata nel sistema di autocompletamento (evitando ad esempio di suggerire “lady gaga mp3 free” a chi sta cercando semplicemente “lady gaga mp3”); eliminando applicazioni pirata dal marketplace per Android.
L’IFPI ritiene fondamentale il ruolo di Google in questo ambito poiché il motore svolge un ruolo determinante tanto nel direzionare gli utenti (si richiede pertanto priorità per le fonti legali di contenuti), quanto nel distribuire direttamente il materiale (il ripping da YouTube ed i link illegali per il download del materiale riprodotto non sono aspetti che vanno nella stessa direzione delle promesse del ContentID).
A Google si richiede pertanto meno retorica e più azione. Meno ostacoli sulla strada delle normative che potrebbero ridurre la pirateria online (il riferimento alla SOPA è implicito, ma chiaro) e più interventi tecnici per mantener fede alle promesse. Meno parole, più fatti. Ed è questa una richiesta che avviene a fine 2011, in prossimità di un 2012 nel quale il numero dei contenuti digitali che arriverà sulla rete è destinato a moltiplicarsi, facendo sempre di più la stessa Google parte del medesimo mercato di cui l’IFPI difende gli interessi.