Poco prima di Natale il parlamento della Bielorussia ha trasformato in legge il decreto del governo emanato nel febbraio del 2010 sul «Risanamento per l’utilizzo del segmento Nazionale di Internet». Una legge che sposta ancora più in là l’arbitrio della polizia e della giustizia del paese nei confronti della navigazione in Rete dei cittadini.
L’ideatore di questa ennesima restrizione è Alexander Lukashenko, meglio noto come «l’ultimo dittatore d’Europa», che da due anni sta mettendo in pratica un piano per fronteggiare ogni opposizione anche nel popolo di Internet. Per ottenere questo risultato, la legge, che entrerà in vigore il 6 gennaio, impone restrizioni sulla visite e sull’utilizzo di siti web stranieri da parte dei cittadini bielorussi e persino dei residenti. La violazione di queste regole è riconosciuta come un reato punibile con una multa molto elevata per le tasche di un bielorusso: l’equivalente di 125 dollari americani, cioè un quarto del salario mensile medio.
La legge, unica nel suo genere alle nostre latitudini, dispone che tutti usino domini nazionali se vogliono aprire un sito internet, sia per forniture di servizi o per vendita. I gestori di internet cafè o altri che offrono accesso alla Rete sono di fatto sotto un giogo e rischiano molto: basta infatti che un cliente provi ad accedere ad un sito straniero perché vengano identificati e denunciati alle autorità.
Come capita spesso ai legislatori di questi strumenti restrittivi, di censura o di controllo, la grande scusante è la pornografia, i contenuti ritenuti “pericolosi”, ma ovviamente ciò che interessa per davvero è evitare che i bielorussi vengano in contatto con fonti autonome di informazione.
La restrizione non ammette deroghe, quindi anche una semplice transazione, come l’acquisto su Amazon, è considerata reato. La Bielorussia sta quindi cercando di nazionalizzare Internet senza però averne assolutamente le capacità, con l’unico risultato di vietarlo nei fatti ai più di quattro milioni di utenti presenti nel paese. La dissuasione avviene tramite l’obbligo di registrazione di tutti gli ISP presso il ministero delle Telecomunicazioni, e di tutti i singoli naviganti, quindi chiede di gettarsi volontariamente nelle fauci del lupo.
L’analisi di Reporter Senza Frontiere sulla Bielorussia è drammatica: durante le ultime elezioni gli atti violenti contro giornalisti e blogger sono aumentati, anche attraverso cyber-attacchi. Alcuni blog di opposizione sono stati oscurati, a partire dal nemico giurato charter97 i cui giornalisti sono stati più volte interrogati, anche per ore, senza i loro avvocati, o multati per cifre enormi.
Ma ad Oleg Bebenine, un giornalista di Carta97 molto conosciuto per le sue critiche al leader bielorusso, è andata peggio: il 3 settembre del 2010 è stato trovato impiccato nella sua casa di campagna nei pressi di Minsk, la capitale. Versione ufficiale: suicidio. Ma i parenti e gli stretti collaboratori non ci credono e hanno chiesto una inchiesta internazionale, ricevendo minacce di morte.
Il controllo di Internet, anche in Bielorussia, come in Cina, Corea del nord, Cuba, alcuni paesi arabi, rappresenta l’elemento imprescindibile di lotta all’opposizione al potere nel mondo contemporaneo, tanto che in pochi anni l’elenco dei blog e degli attivisti online caduti o imprigionati è diventato grande quanto quello dei giornalisti della carta stampata.
Update
Secondo alcuni dettagli emersi nelle ultime ore, le regole imposte sarebbero meno restrittive di quanto trapelato dopo una prima analisi, ma comunque estremamente rigorose. In particolare ogni attività che intenda agire in Bielorussia tramite il Web deve avere il proprio dominio locale (.by), pena l’irregolarità della presenza. Così facendo Google dovrà usare Gmail.by, Amazon dovrà avere Amazon.by, eccetera. I privati che navigano, per contro, dovranno sempre essere registrati e rintracciabili, mettendo così nelle mani delle autorità il pieno controllo delle attività operate online.