Quando Google+ aprì i battenti, da più parti giunse una critica feroce al sistema per un difetto progettuale legato ai nomi di iscrizione al servizio. Il social network di Mountain View, infatti, non consentiva l’uso di pseudonimi dietro cui celare le proprie identità, costringendo così gli utenti a caricare contenuti controfirmati. A distanza di pochi mesi dall’esordio giunge la prima parziale correzione, la quale per molti versi odora di forzato passo indietro.
La critica alla scelta progettuale di Google aveva preciso fondamento: chi intendesse caricare materiale sensibile (opinioni politiche, ad esempio), non potrebbe portare avanti una posizione anonima poiché il sistema mette in chiaro il nome senza possibilità di celare la propria identità. La scelta odierna è quella di consentire invece l’aggiunta di un soprannome all’iscrizione tradizionale, rendendo di fatto possibile nascondersi dietro uno pseudonimo sotto il quale agire pubblicamente. Ma non agli occhi di Google.
Secondo quanto spiegato da +Bradley Horowitz, la maggior parte degli utenti (60%) voleva risolvere la questione aggiungendo semplicemente un nickname al proprio nome; il 20% degli iscritti è composto da aziende che hanno aperto un profilo invece di una pagina; il 20% restante è costituito da utenti che vogliono celarsi completamente dietro uno pseudonimo o usare nomi non convenzionali . Il rimedio scelto è stato pertanto quello di un modulo supplementare all’interno delle impostazioni del profilo, uno spazio con il quale arricchire la propria identità con una nuova etichetta:
Google spiega altresì che la regola del nome reale non fosse mai stata fino ad ora rigida come la si voleva lasciar intendere. Semplicemente alcuni algoritmi verificavano che il nome fosse “verosimile”, tentando così di tagliar fuori quelli che erano nickname evidenti (non senza falsi positivi). L’apertura odierna va anche in tal senso: chi fosse in grado di dimostrare a Google che un nome bloccato dal sistema sia un nome reale (inviando una prova direttamente a Mountain View, quale una copia digitale di un documento), vedrà ripristinato il proprio diritto all’uso del proprio nome reale al fianco del nick.
Da ZDNet giunge però una immediata critica: sebbene Bradley Horowitz parli nel proprio post di “pseudonimi”, in realtà Google ha introdotto qualcosa di differente ed identificabile come “nickname”. La differenza è sostanziale: mentre uno pseudonimo può sostituire un nome, un nickname può soltanto affiancarlo. Secondo l’accusa di Violet Blue in questa discrasia v’è un forte significato: Google+, che fin dal principio ha reso manifesta la propria volontà di seguire la strada dell’identificazione dell’utente e la cancellazione dell’anonimato, prosegue sulla propria strada impedendo nei fatti iscrizioni sotto pseudonimo. Chi si iscrive, insomma, deve semplicemente sapere a cosa va incontro per poter capire a fondo i termini del proprio account.
La nuova funzione sarà messa a disposizione dell’intera community entro le prossime 48 ore. Google ricorda altresì come, essendo ormai unificato il sistema di login sui propri servizi, la modifica del proprio nome con uno pseudonimo avrà valore non soltanto su Google+, ma sull’intera gamma dei servizi del gruppo.
Ogni dettaglio ulteriore è contenuto nella Google+ Names Policy, ove sono elencati i caratteri non concessi, le pratiche vietate e le indicazioni specifiche circa l’identità individuale che il social network intende andare a registrare.