L’Unione Europea proporrà nuove regole, più dure, sulla protezione dei dati personali degli internauti, ma sarà la via per evitare tentazioni alla SOPA. Questo è il concetto espresso da Viviane Reding, vice presidente della Commissione Europea, durante una conferenza a Monaco di Baviera, convinta che il vecchio continente possa proteggere utenti e aziende con leggi più semplici e meno costose.
Il regolamento dovrebbe essere approvato domani e poi passare da ratifiche o approvazioni nei singoli parlamenti nazionali. Se passasse, segnerà una nuova fase del rapporto – sempre difficile – tra istituzioni e grandi colossi del Web a partire dal 2015. In pratica l’Europa ammette di aver avuto legislazioni farraginose, che hanno comportato un costo di 2,3 miliardi di euro alle aziende. In cambio di regole più semplici, però, occorre mettere in preventivo alcune concessioni e innovazioni.
Due i principi cardine: comunicare velocemente la sottrazione di dati sensibili; concedere il diritto ad essere dimenticati (“diritto all’oblio”). Nel primo caso, spiega la Reding, «le aziende che subiscono una perdita di dati devono informare le autorità di protezione e le persone interessate, e devono farlo senza indugio nel giro di 24 ore». Questo perché si considera il dato inserito nei social network, nelle applicazioni cloud, come una valuta: soltanto la fiducia del consumatore può consentire lo sviluppo di servizi online.
Il secondo principio è diretta conseguenza del primo. Esattamente come ogni cittadino europeo è libero di versare i propri risparmi in qualunque istituto e di spostarli senza intoppi, i dati devono essere considerati proprietà dei versatori e non delle aziende. È la questione dell’interoperabilità dei fornitori di servizi sulla stessa base di dati, con diritto di recesso. Un passo avanti fondamentale, perché al cittadino non viene riconosciuto solo il diritto di difendersi da abusi o di controllare i propri dati, ma anche quello di essere sicuro di farli sparire o spostarli altrove. Anche se ha tenuto subito ad alcune precisazioni, in merito al controllo di Internet e al controllo dell’espressione.
«La protezione dei copyright non deve mai essere usata come pretesto per intervenire sulla libertà di Internet. Il diritto di essere dimenticati, invece, non è ovviamente un diritto assoluto. Ci sono casi in cui vi è un interesse legittimo e legalmente giustificato di poter mantenere i dati. Gli archivi di un giornale sono un buon esempio. È chiaro che il diritto di essere dimenticati non può costituire un diritto alla cancellazione totale della storia. Né il diritto di cancellazione ha la precedenza sulla libertà di espressione o la libertà dei media.»
Insomma, il nuovo regolamento dovrebbe costituire una nuova autorità alla quale i singoli stati membri delegheranno il compito di proteggere i dati personali nella Rete, diminuendo di 27 volte le complicazioni a Facebook o Google ma anche mettendo in chiaro che le eventuali multe saranno salate: il 5% del ricavato annuo.