Siri ha una lontana parente: si chiama Evi e da qualche giorno vaga sia per l’universo di iOS che per quello di Android. Evi non è nient’altro che un’assistente virtuale intelligente elaborata che si propone, tramite il download di un’apposita app, di portare funzioni in stile Siri anche sui modelli non compatibili con la feature di Cupertino, come iPod Touch, iPad 2, iPhone 4 e l’intero universo Android.
Evi, creata da True Knowledge sulla base dell’affidabile motore Nuance, è in download gratuito per il sistema operativo di Google, mentre per iOS è a pagamento, anche se si tratta di una spesa irrisoria: solo 0.79 centesimi. Proprio come Siri, l’applicazione è in grado di comprendere l’utente non solo dal punto di vista letterale, ma anche analizzando il senso di frasi complesse, per fornire le più svariate informazioni. A differenza del sistema di Apple, tuttavia, non può interagire con le funzioni chiave dello smartphone, come la dettatura di un SMS, la gestione degli appuntamenti, della rubrica e così via.
Constatato come i due servizi siano simili, e in molti casi similmente efficienti, la domanda sorge più che lecita: Evi può contare su quel volto umano che ha reso la sua cugina cibernetica tanto famosa? E, ancora, l’assistente vocale farà sfoggio dello stesso sagace umorismo? Per rispondere a questo quesito, abbiamo deciso di sottoporre Evi a un interrogatorio, riproponendo tante delle frasi di Siri ormai diventate di culto. E il verdetto non è propriamente entusiastico, seppur tutt’altro che negativo: la voce metallica di True Knowledge non risulta particolarmente ironica, nonostante si lanci in qualche innocua battuta, e tende a glissare con nonchalance sulle domande più pruriginose.
Prima di trattare questo curioso test è però doverosa una precisazione: almeno in questi primi giorni di lancio, per utilizzare Evi serve molta pazienza. I server risultano spesso sovraccarichi per le troppe richieste e le domande vanno ripetute più volte. Inoltre, Evi non sembra essere in grado di elaborare discorsi complessi così come accade a Siri, ovvero ogni singola richiesta viene trattata come un’universo a sé stante, senza riferimenti alle informazioni fornite immediatamente precedenti.
La prima domanda di rito è quella sull’aspetto: come sarà Evi dietro al monitor? E la risposta è singolare: Evi è un’entità ciclopica, così come riconosciuto dalla «gente che nota per primo l’unico occhio». Effettivamente il logo del sistema è proprio uno smiley da un occhio solo. A differenza di Siri, però, Evi non ha un colore o un’attività preferita: si riconosce come un semplice computer non capace di provare desiderio oppure di esprimere opinioni soggettive. E nemmeno può vantare di avere un cibo preferito perché, purtroppo, «non avendo un corpo fisico» né mangia né beve. E proprio per lo stesso motivo non indossa vestiti.
Ad accomunarla a Siri, tuttavia, c’è una singolare credenza sulla nascita. Se le si chiede, infatti, da dove vengano i bambini, risponde sicura con il link a un supermercato online. Sarà forse per questo motivo, ovvero la possibilità di comprare un pargolo al banco dei freschi, che Evi dichiara di non avere un partner, di non essere interessata alle relazioni e all‘amore. E anche incalzata, accusandola di mentire perché un amante almeno una volta nella vita chiunque l’ha trovato, rimane ferrea sulle sue convinzioni: niente sentimenti sulla nuvola digitale. Forse, però, è semplice sesso senza amore: tormentata sulle sue liaison, Evi chiude il discorso proponendo una ricerca Web su quanti partner sessuali si possono avere in una vita intera.
Una certa confusione tra amore e sesso permane anche in altri frangenti. Chiedendole se sia omosessuale, risponde sottolineando come i computer non possano far sesso. Inutile farle notare come l’omosessualità non sia una banale argomentazione da accoppiamento, perché risponderà scovando sul Web un link per combattere la pornodipendenza. Si tratta di un caso di velata omofobia? Nient’affatto: Evi semplicemente non è in grado di comprendere le varie sfaccettature di un rapporto umano e, di conseguenza, sesso e amore sono per lei assolutamente identici. Fornirà, perciò, un link amoroso e uno più piccante a seconda del primo fra i due che riuscirà a scovare in Rete.
Un pregio di Evi è quello di essere estremamente educata: non insulta il suo possessore nemmeno quando è supplicata a farlo, diventa rossa se le si chiede di cantare e, davanti a una proposta di matrimonio, glissa con eleganza ricordando come non possa legarsi a nessun utente specifico perché pronta a sacrificarsi per servire al meglio ogni persona del globo. Non si tratta, però, di una vocazione divina: sull’esistenza di Dio, infatti, si rivela possibilista ma non propriamente convinta.
Non avendo ottenuto molto né sul versante sentimentale e nemmeno su quello pruriginoso, dato il suo inamovibile ruolo di serva cibernetica, si è quindi provato a stuzzicarla istigandola sulla concorrenza. Quando le viene chiesto cosa pensi di Siri, si dimostra prolissa e politicamente corretta: evidentemente, anche se non lo ammette, teme una possibile cacciata da App Store:
«Io e Siri abbiamo scopi diversi. Siri è migliore nel controllare il tuo iPhone, mentre io non sono legata a nessun particolare dispositivo. Inoltre conosciamo cose differenti: Siri è più ferrata sugli appuntamenti del tuo calendario, io sul business.»
È quindi amicizia fra le due assistenti più chiacchierate della Rete? Evi risponde con un «Buona domanda, non ne sono sicura». Insistendo ribadisce: «Non son sicura, temo». Come dire: la concorrenza è pur sempre concorrenza, anche on the cloud.
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