«Egregio mr.Page»: con queste parole l’Article 29 Working Party introduce la propria lettera a Larry Page annunciando l’ostruzionismo che verrà compiuto a livello europeo contro le nuove policy per la tutela della privacy. Mentre negli Stati Uniti si esprime sconcerto per quanto posto in essere dal gruppo, preannunciando così nuovi approfondimenti e la richiesta di una formula di opt-out di garanzia, anche in Europa la preoccupazione aumenta, arrivando a specifiche richieste affinché la situazione possa essere approfondita prima di eventuali autorizzazioni o dinieghi.
«Data l’ampia quantità di servizi che offrite, e la popolarità dei servizi stessi, ogni cambiamento nelle vostre regole per la tutela della privacy possono incidere su molte persone in ogni paese dell’Unione Europea. Intendiamo verificare le possibili conseguenze per la protezione dei dati personali di questi cittadini all’interno di una procedura coordinata. Abbiamo pertanto chiesto all’Authority per la protezione dei dati personali francese, la CNIL, di entrare in azione. La CNIL ha gentilmente accettato questo compito e sarà il vostro punto di contatto per le autorità di protezione dei dati dell’Unione Europea». Dati i difficili rapporti tra Google e le autorità francesi, il dialogo stesso tra CNIL e Google è di per sé un guanto della sfida lanciato contro Mountain View, avvisando il gruppo dell’attenzione che il continente europeo pretende dai servizi dell’azienda.
Il plauso all’iniziativa giunge anche da Viviane Reding, la quale aveva anzitempo apparentemente premiato lo sforzo di Google di giungere ad una policy più attenta alle esigenze degli utenti. La Reding non aveva però preso posizione nel merito ed oggi con un tweet si felicita del fatto che la policy Google possa essere controllata a fondo affinché tutto sia conforme alle leggi comunitarie.
Google ha annunciato il cambio delle policy al fine di agglomerare in un unico documento oltre 60 prospetti relativi ad ognuno dei singoli servizi contemplati dal gruppo di Mountain View. Tale manovra, però, avrebbe portato altresì all’accettazione nei fatti di un’alchimia estremamente preziosa per Google: rendere promiscui i dati raccolti sui diversi siti, così da poter tracciare un quadro più completo degli utenti e migliorarne la profilazione. L’assenza di una formula di opt-out e soprattutto l’assenza di una reale consapevolezza di quanto in atto ha però messo sull’attenti le authority per la protezione della privacy, le quali mandano ora avanti il CNIL per approfondire la questione e chiedere eventualmente a Google eventuali interventi correttivi.
La nuova policy onnicomprensiva sarebbe dovuta entrare in vigore a partire dal 1 marzo, dunque vi sono ancora ampi margini per fermare eventualmente l’operazione o per rivederne quantomeno i dettagli.