Dietro un grande social network c’è una grande donna. Il suo nome è Sheryl Sandberg e il New York Times le ha dedicato un lungo reportage. Secondo molti osservatori, è lei a manovrare lo sbarco in Borsa di Facebook, che porterà a una quotazione di cento miliardi di dollari, di cui quasi due andranno nelle sue tasche.
Unica donna negli executives di Facebook e in pratica numero due dietro a Mark Zuckerberg, Sheryl Sandberg, 43 anni, è in predicato per diventare una delle donne più ricche e potenti del mondo (Forbes l’ha classificata già nel 2010 al 66° posto delle 100 donne più influenti del pianeta).
Con in tasca una montagna di quote della società, agganci politici con i Clinton – per cui lavorò nello staff economico – e gli Obama, e una conoscenza approfondita del business tecnologico, appreso ai tempi in cui lavorava per Google, qualcuno ha persino immaginato che Zuckerberg possa andare in pensione anticipata. Ma è davvero credibile che a neppure trent’anni il fondatore faccia come Bill Gates e lasci la società a degli esperti per dedicarsi al puro sviluppo?
Una donna CEO di Facebook è una prospettiva interessante, anche perché, com’è noto, le donne sono più attive degli uomini sul sito: condividono più contenuti, postano più foto, hanno più amicizie. Tuttavia, c’è un elemento da non scordare: Mark Zuckerberg pare esser troppo affezionato al suo prodotto per lasciare così presto il suo PC e non lavorare indefesso al miglioramento della sua creatura, secondo quella logica hack che ha tenuto a precisare nella sua presentazione per gli organi di controllo di Wall Street.
Per questo, la potentissima Sheryl Sandberg viene chiamata “la bambinaia di Facebook”: senza di lei non sarebbe stato possibile gestire passaggi così complessi in una società così giovane, ma i ragazzi di Menlo Park sono ancora i capi. È plausibile che Zuckeberg resterà ancora per un bel po’ di tempo amministratore unico della società; di certo, in caso di abbandono, sappiamo che il nuovo volto di Facebook sarà probabilmente quello di una donna.