Nuovi dati piombano su Google+ bocciandone la crescita che Google va sbandierando ormai da mesi nel tentativo di imporre la propria soluzione sul mondo del social networking. Stando ai dati pubblicati dal Wall Street Journal sulla base delle ricerche comScore, infatti, il progetto di Mountain View non starebbe sortendo l’entusiasmo che il gruppo vorrebbe e, anzi, il sito è descritto come una “città fantasma”.
I numeri fin qui fatti trapelare da Google sono quelli relativi alle iscrizioni al network, ormai a quota 90 milioni di utenti. Sebbene qualsivoglia confronto sia oltremodo difficile per via della non omogeneità dei dati, tale cifra può essere raffrontata soltanto con il numero degli utenti attivi su Facebook, ossia la quantità di contatti che il social network è riuscito a raccogliere tanto sulle proprie pagine, tanto sui siti terzi sui quali è presente il plugin dei vari “mi piace” o “condividi”: oltre 850 milioni di unità nel mese di riferimento. Ed il rapporto di forza è pertanto il seguente:
Le immagini sono utili per riuscire a capire con un semplice colpo d’occhio quanto i dati vadano a suggerire. Secondo le cifre rese note da comScore, infatti, il problema di Google+ è soprattutto nel coinvolgimento, ossia nel tempo passato sulle proprie pagine dalla community.
Se il numero degli iscritti è in forte ascesa, infatti, ben più importante è il numero dei minuti che si passano sul sito poiché implica una maggiore attività, un maggior numero di condivisioni ed un generale fermento del tutto fondamentale per la salubrità “social” del network.
Ma su questo dato la credibilità di Google+, in raffronto alla diretta concorrenza, crolla. Google, infatti, è riuscito a calamitare nel mese di gennaio la propria community per appena 3 minuti pro-capite (il dato non può che essere il risultato della media di pochi utenti molto attivi e moltissimi utenti del tutto assenti, ed è peraltro in forte calo rispetto ai 5,1 minuti di novembre ed ai 4,8 di dicembre), il tutto contro i 21 di Twitter ed i 405 di Facebook. Se l’utente medio rimane sul network di Mark Zuckerberg per quasi 7 ore al mese, insomma, l’utente medio del network di Larry Page non fa altro che brevi comparse, probabilmente disinteressate. Ed il rapporto di forza risultante è pertanto in questo caso il seguente:
Il Wall Street Journal ricorda in questo contesto le parole di Bradley Horowitz, responsabile Google secondo il quale il ruolo di G+ sarebbe ben differente rispetto a quello di Facebook: non un sito di destinazione, insomma, ma un semplice layer aggiuntivo che il gruppo intende stemperare su Gmail come su YouTube, su Google Search come su Google Maps, costruendo un valore aggiunto agli altri servizi più che un valore in sé.
Comunque si consideri tale valore, rimane comunque un valore relativo. Ed in questa fase nessuno può presentarsi a ragione come l’anti-Facebook allo stesso modo in cui nessuno in questa fase può presentarsi come l’anti-Google: due monopoli naturali, forse, che solo una caduta di credibilità potrebbe far cadere a vantaggio di soluzioni concorrenti.