«È inaccettabile che costoro abbiano un fatturato di diversi miliardi di euro senza pagare le tasse». Questa affermazione è stata pronunciata da Nicolas Sarkozy ieri, poco prima di incontrare il fondatore di Twitter. Ma potrebbe essere stata detta da un qualunque politico o ente europeo negli ultimi quattro anni. La questione, infatti, è tutt’altro che nuova.
L’inquilino dell’Eliseo segue a ruota quello che è già stato ribadito in altre circostanze dagli inglesi, in Turchia e anche in Italia, che con qualche differenza nei toni o negli obiettivi, hanno accusato alcuni colossi del mercato online di evadere le tasse. Accuse mai dimostrate, perché è tutto sommato abbastanza facile aggirare le norme comunitarie ed agire nell’esclusivo interesse degli azionisti di queste società (dislocando in Irlanda le sedi ufficiali ed altrove le sedi operative).
Sarkozy, però, com’è nel suo stile (ma bisogna considerare che è appena iniziata la campagna elettorale per le presidenziali), ha puntato dritto contro il sistema, evidentemente non pago di essere stato inserito per il secondo anno consecutivo da Reporter senza frontiere come «Paese sotto sorveglianza» per la libertà di Internet.
Alla rivista LePoint il presidente ha spiegato come secondo lui la Francia dovrebbe prendere in considerazione la tassazione dei ricavi pubblicitari online. E questo nonostante il parlamento transalpino abbia già respinto l’anno scorso i piani per un progetto d’imposta sui redditi di pubblicità online, temendo che il progetto avrebbe fatto soltanto male alle imprese locali e il solletico a Google, Facebook e Twitter.
E qui casca la contraddizione. Nell’incontro con Jack Dorsey, infatti, Sarkozy ha espresso l’auspicio che «Twitter segua le altre società Internet e decida di basare le proprie operazioni europee in Francia». E naturalmente della questione tasse non ha fatto cenno.
Resta invece in piedi il progetto di creare una tassa sui provider come parte della finanziaria 2013 destinata a un Centro Nazionale per la Musica, che il governo vede come risposta politica alla crisi causata dal download illegale. Anche in questo caso, evidentemente, non pago di quanto posto in essere con l’Hadopi.