iTunes Match sta per esordire ufficialmente anche in Italia: l’abbonamento proposto da Apple è attivabile ormai da alcune ore ed anche nel nostro paese è adesso possibile accedere all’offerta cloud con cui si va a completare l’offerta che ha reso iTunes leader assoluto della rivoluzione digitale del mondo musicale.
Di questa rivoluzione abbiamo chiesto conto a Enzo Mazza, Presidente FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), per un ragionamento che, partendo proprio da iTunes Match, consenta di capire a fondo quanto sta accadendo nel settore.
iTunes Match, infatti, scardina una serie di assunti per evolvere in modo sostanziale quel che iTunes è stato fino ad oggi. Passando dallo streaming alla conversione dei file verso l’alta qualità della soluzione cloud, il servizio getta le basi per un nuovo inizio, mettendo alle spalle l’era dei download illegali per quella community che accetterà il buon compromesso in termini di costo (24,99 euro annui) che iTunes Match mette a disposizione. Ma è questo un cambiamento che segna un passaggio epocale, del quale ancora una volta Apple vuol farsi guida. Come ogni rivoluzione, molte sono le opportunità che emergono e molte sono al tempo stesso le difficoltà a cui far necessariamente fronte.
Intervista a Enzo Mazza (FIMI)
- Apple sta aprendo anche all’Italia iTunes Match: cosa può rappresentare il servizio per il mercato italiano?
«iTunes Match è sicuramente una delle più innovative proposte tecnologiche per l’accesso ai contenuti musicali mai messa a disposizione dei consumatori. La possibilità di disporre sempre ed in ogni luogo da un qualsisasi device di piattaforma attiva tracce audio master (AAC DRM-free a 256 kbps) sulla cloud, indipendentemente che tali tracce provengano da cd o dal download ritengo che avrà un notevole successo anche in Italia».
- iTunes Match è l’avanguardia della musica nel “cloud”: è questa la nuova dimensione con la quale il mercato musicale deve fare i conti?
«Si sente dire spesso di una mancanza di coraggio dell’industria musicale nell’abbracciare i nuovi modelli di business ma mai come in questo caso si è giunti ad una sintesi così efficace tra tecnologia e contenuti per sviluppare un’offerta legale. Se associamo questo modello ad un futuro dove anche in Italia, sempre di più fruiremo di contenuti in mobilità con i device più diversi, smartphone, tablet, ecc, possiamo sicuramente prevedere una crescita esponenziale del servizio. Vale la pena di ricordare che secondo una recente analisi di FIMI gli utenti mobili italiani, che nel 2011 hanno utilizzato un mobile media per fare web browsing, scaricare applicazioni e contenuti, sono stati il 43%, segnale di forte cambiamento negli stili di consumo (alla fine del 2011 l’installato di smartphone in Italia era di oltre 21 milioni di apparecchi). Più i consumatori si spostano su tablet e smartphone, più cresce la spesa legata alla musica rispetto al consumo “free” che ha contraddistinto ad esempio il mondo della banda larga fissa. Secondo Nielsen, gli utilizzatori italiani di tablet risultano essere al secondo posto, dopo quelli americani, nell’acquisto di musica (20%). Sul futuro giocano anche un ruolo fondamentale il mobile payment (nel 2011 gli italiani, tra mobile commerce e mobile remote payment, hanno speso 500 milioni di euro) e la grande predisposizione dell’utente italiano verso i social network, dove l’80% degli utilizzatori di internet è attivo (la più alta media al mondo)».
- Abbiamo definito in passato iTunes Match come un “condono” per chi ha indebitamente scaricato materiale illegale negli anni passati (poiché consente di “sanare” i file in possesso accedendo in streaming ad un corrispettivo legale di alta qualità): è d’accordo con questa definizione?
«In parte sicuramente lo è. È una sorta di “scudo musicale” (come lo scudo fiscale…) che consente di riportare alla luce legalmente, e per una cifra molto contenuta, un archivio di file spesso anche di dubbia provenienza. Ma le analisi di mercato dicono che una volta attirato il consumatore verso questa opportunità difficilmente sarà indotto a tornare ad utilizzare servizi illegali per la musica. Chiamiamola sanatoria o come vogliamo, ma sicuramente sostenendo questa soluzione l’industria ha fatto un passo significativo verso la “pacificazione” del consumo di musica. Apple è stata sicuramente all’avanguardia nel proporre un sistema nel rispetto dei diritti. Non tutte le imprese si stanno muovendo con tale attenzione. Vedasi ad esempio la cloud di TIM che propone ai clienti ma per la quale non ha una licenza dell’industria, che mi auguro Telecom si affretti a sottoscrivere con i produttori. È paradossale che un’azienda come Telecom da un lato offra un interessante servizio come Cubomusica e dall’altra offra sul mercato una sorta di cyberlocker non autorizzato».
- Le novità del settore faticano in Europa a proporsi a causa della difficoltà nel trattare i diritti con le singole entità deputate: si stanno compiendo passi in avanti in tal senso?
«In realtà per la musica il problema delle licenze territoriali si sta riducendo molto e quasi tutte le piattaforme hanno accesso ai veri mercati senza complicazioni. Se alcune società non hanno ancora attivi i servizi in tutta Europa sono per lo più, come nel caso di Spotify, scelte di business e non di diritti».
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