Non è chiaro fino a che punto abbia davvero senso la polemica montata nelle ultime ore attorno alla felpa indossata da Mark Zuckerberg in occasione di un importante incontro con il mondo finanziario per la presentazione del proprio gruppo agli investitori. Non è chiaro poiché il clamore sembra andare ben oltre l’effettiva importanza formale della cosa, ma non è chiaro soprattutto perché il tutto appare invece estremamente chiaro.
Quella di Zuckerberg non è infatti certo stata una mossa scellerata né casuale. Anzi.
Chi ha strabuzzato gli occhi alla vista di una felpa entrare nel tempio della finanza dovrà probabilmente fare un piccolo esercizio di memoria per ricordare ad esempio quale fu la reazione di Wall Street di fronte all’irriverente “don’t be evil” di Google. Il documento consegnato alla SEC, particolarmente leggero ed amichevole, sembrava infatti ai tempi sfrontato tanto quanto lo è oggi l’approccio di Zuckerberg alla ricerca di quasi 100 miliardi di valutazione: eppure Google ha dettato legge ed anche Facebook ambisce a medesima sorte.
La felpa del fondatore del social network sembra in tal senso essere una mossa studiata a tavolino. Un messaggio in codice, una sfida, una dimostrazione. Da una parte, infatti, Zuckerberg sembra palesare particolare decisione, una leadership fatta di sfrontatezza che le critiche hanno immediatamente bollato come una mancanza di maturità (la sensazione è però che siano più immature le critiche che non l’oggetto delle stesse). Zuckerberg ha lanciato un messaggio chiaro a Wall Street: siamo qui per cambiare l’ordine delle cose, per dettare nuove regole.
Mark Zuckerberg, del resto, si è presentato di fronte al regno dell’alta finanza facendosi carico di una community da 901 milioni di utenti, un esercito che nessuno aveva mai saputo mettere assieme nella storia. Lo stesso Zuckerberg, inoltre, è colui il quale sta chiedendo oggi di dare un prezzo a quella che Facebook descrive come “amicizia”, ossia quella rete di connessioni che tiene salda la community e la condisce di advertising.
Al tavolo delle trattative ci saranno a confrontarsi da una parte il partito del “giacca e cravatta”, quello che ha già fatto crollare una volta l’economia e che proprio in quelle ore vedeva il partito della felpa iniziare la propria grande scalata.
La felpa di Zuckerberg, insomma, non è da sottovalutare ed è anzi da capire a fondo. Perché in quella felpa c’è sostanzialmente l’essenza che Facebook vuol portare a Wall Street. E gli investitori che non sapranno apprezzare una felpa non sapranno al tempo stesso apprezzare nemmeno un social network. Tutti gli altri, vedendo quelle immagini, avranno invece pensato la stessa cosa: “mi piace”.