Facebook non ha fatto il botto a Wall Street come molti si aspettavano. La creatura di Mark Zuckerberg ha raccolto 18,4 miliardi (Google, nel 2004, ne raccolse meno di due) fermando il valore delle sue azioni a 38,23 dollari: quando alcune ore prima la campanella aveva iniziato l’Ipo più atteso degli ultimi anni, gli analisi avevano scommesso si sarebbe fermata a 45 dollari. La crescita, invece, è stata dello 0,61%.
La quotazione in Borsa di Facebook resta in ogni caso la seconda più rilevante della storia per dimensioni, mentre il trattamento delle azioni, nella prima giornata, è solo il primo passo di un’avventura con più punti luminosi che oscuri. Certamente, però, va sottolineato come nel giro di 24 ore Big F ha visto mantenere il valore delle sue azioni nella giornata di maggiore entusiasmo e l’abbandono di General Motors tra gli inserzionisti. Non proprio una festa.
E dire che al via delle operazioni – scattate con il mitico suono della campanella per mano dello stesso Zuckerberg, arrivato a New York insieme allo stato maggiore californiano (ritardate di 30 minuti per un problema tecnico) – la quotazione era volata a +10%, equivalente a 42 dollari. Sei minuti dopo, erano già stati scambiati 100 milioni di pezzi: per intenderci, di Google e Amazon.com ne erano stati scambiati due milioni. Ma il prezzo già scendeva.
Così, mentre la rockstar Bono Vox, il leader degli U2, col suo 2,3% del social network comprato per 90 milioni di dollari incassava 1,5 miliardi di dollari (privilegio degli investitori della prima ora), gli operatori non avevano dubbi: per quel giorno l’azione FB sarebbe rimasta a 38 dollari e su Twitter qualche broker scriveva “la festa è già finita”.
A convincere la Borsa che il rischio bolla era troppo alto, sono stati i già noti punti di debolezza del social network: cosa produce Facebook? Che rimuneratività ha la pubblicità? Un’idea di otto anni fa pensata nel mondo desk pc sarà adatto al mondo delle applicazioni mobili?
Alle 19.55 ora italiana (poco dopo mezzogiorno nella Grande Mela), il titolo aveva uno scossone positivo, guadagnava ancora tre dollari e la paure sembravano alle spalle, ma due ore dopo il titolo rallentava definitivamente, forse anche dettato dalla stessa ammissione del “capitalista in felpa” – come è stato ironicamente definito – che commentava a soci e dipendenti come la quotazione era comunque enorme e che quello non era l’obiettivo: Facebook non è una public company.
Facebook ha chiuso la sua prima giornata appena sopra il prezzo di collocamento ma con una mole di scambi pazzesca: mezzo miliardo di pezzi per 22 miliardi di raccolta. Ora? Nel pomeriggio comincerà la prima settimana della nuova vita (anche personale, visto il suo matrimonio) di Mark Zuckerberg, proprietario del 32% di Facebook – che ha incassato 1,15 miliardi di dollari in un solo giorno grazie al valore dei titoli – azionista di maggioranza e ancora a capo della più formidabile ascesa di un sito Internet nella storia.